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LIBERI, ESCLUSA DALLA COMPETIZIONE ELETTORALE PERCHE’ PRESENTATA OLTRE IL TERMINE, LA LISTA DI GENNARO VASTANO

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Liberi. La lista elettorale che vedeva candidato a sindaco Gennaro Vastano, presentata ieri mattina presso il comune di Liberi è stata esclusa dalla competizione elettorale. Lo ha deciso nella tarda serata la commissione elettorale di Capua. Le motivazioni sono da ricercare nel ritardo di presentazione che andava oltre le 12.00 di sabato 13.05.17 e perché incompleta. Nel provvedimento i dettagli della decisione.Dunque le liste in competizione rimangono due:la prima vede candidato sindaco Antonio Diana, l’altra Natale Ivan.

Lista 1 Candidato sindaco : Antonio Diana, Consiglieri: Alfonso Ricciardi, Vincenzo Colucci, Gianfranco Maselli, Danilo Di Dario, Teresa Isolda, Michela Parlapiano, Carmine Perretta, Carmine Di Dario, Marianna Diana, Patrizia Diana.

Lista 2 Candidato sindaco: Ivan Natale. Consiglieri: Di Furia Virgilio, Antonio Petrucceli, Aveta Gennaro, Mattucci Roberto,Motta Cesare, Di Tella Vincenzo, Di Serio Mario, Giugliano Savatore, Napoletano Maurizio.

GIURISPRUDENZA ,ECCO COSA HA DETTO IL CONSIGLIO DI STATO

La delicata fase della presentazione delle liste di candidati alle elezioni comunali e provinciali

Sul carattere perentorio del termine che la legge [1] fissa per la presentazione delle liste di candidati alle elezioni degli enti locali non esiste dubbio alcuno.

Il fatidico termine delle ore 12,00, seppure posto al termine di quasi due intere giornate disponibili per l’adempimento (la trentesima e la ventinovesima antecedente le elezioni) diventa in alcuni casi una ghigliottina per i presentatori che per qualunque motivo si attardano e superano una soglia temporale che il legislatore e la giurisprudenza pongono in maniera tassativa.

Ma è proprio così? Esistono invece dei casi in cui varcare tale soglia non comporta automaticamente una conseguenza così grave, quale la mancata partecipazione di una lista di candidati alla competizione elettorale?

Il presente intervento mira a far luce proprio sugli ultimi minuti di questa delicata fase del procedimento elettorale.

LA NORMATIVA

Il Decreto 570/1960 prevede che <<La lista e gli allegati devono essere presentati alla segreteria del comune dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti la data della votazione.>>

La norma detta pertanto due parametri: quello spaziale avente riguardo il luogo della presentazione e quello temporale del termine. Indica chi è competente a ricevere le liste e che cosa debba compiere tale funzionario (il Segretario comunale e provinciale o chi legalmente lo sostituisce) a seguito della presentazione delle medesime. Infatti <<… Il segretario comunale, o chi lo sostituisce legalmente, rilascia ricevuta dettagliata degli atti presentati, indicando il giorno e l’ora della presentazione, e provvede a rimetterli entro lo stesso giorno alla Commissione elettorale mandamentale competente per territorio.>>

Indica infine che cosa presentare a corredo delle liste [2].

IL LUOGO DI RICEZIONE DELLE LISTE

La legge è chiara nel prevedere che sia la “Segreteria”, non specificando se sia l’ufficio del Segretario comunale o un altro ufficio.

Sebbene in giurisprudenza sia rintracciabile un’indicazione più precisa (cfr. C.d.S., V, 1998 del 21 maggio 2002 <<(…) l’ufficio competente a ricevere la presentazione delle liste elettorali (…) è quello del segretario comunale, (…)>>) la scelta di ricevere i presentatori delle liste in altro ufficio della Segreteria, magari più spazioso e logisticamente più favorevole, può rispondere ad uno scrupolo di migliore organizzazione delle operazioni e pertanto non parrebbe censurabile da parte del giudice amministrativo [3] (d’ora in poi per brevità G.A.).

IL TERMINE: PERENTORIO O DEROGABILE?

Preliminarmente si osserva che, sebbene l’accertamento dell’orario sia il fattore decisivo per la verbalizzazione del Segretario comunale nella ricevuta che deve compilare, la norma non prescrive nel dettaglio gli accorgimenti tecnici per tale (di per sé semplicissima) operazione: non impone ad esempio che esista un orologio visibile nella stanza deputata a ricevere i presentatori. Certo sarebbe superfluo normare modalità che, puramente dettate dal buonsenso, consiglierebbero di sincerarsi della corretta indicazione dell’orario da parte di un pubblico ufficiale avvezzo a certificare ben altre qualità e stati che non siano la semplice lettura di un orologio. Del resto il G.A. riconosce saggiamente che esiste un preciso dovere di diligenza (che si descriverà in seguito) in capo ai presentatori delle liste, in cui si può certamente ricomprendere anche quello di dover accertarsi che il proprio orologio segni l’ora esatta per non rischiare di essere banalmente esclusi dalla competizione elettorale.

Sul carattere perentorio del termine sancito dalla norma la giurisprudenza è copiosa e costante [4]. Le esigenze di certezza che presiedono il procedimento elettorale ammettono deroghe soltanto in determinate fattispecie.

La ratio sottesa a tale principio è ben esplicitata nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, del 25.03.2003, n. 1706, nella quale i due principi già enunciati nella precedente giurisprudenza in materia vengono meglio esaminati e di essi viene trovata una coerente sintesi: il principio del favor partecipationis alla competizione elettorale può essere invocato soltanto qualora non venga violato il principio della par condicio dei soggetti concorrenti all’agone elettorale, in ossequio ad un <<rigoroso rispetto dei termini e delle forme prescritti>>.

A nulla varrebbe sostenere una presunta prevalenza dell’interpretazione volta a favorire la partecipazione di tutti i cittadini alla competizione elettorale, in quanto l’erronea ammissione di una lista presentata in ritardo <<costituisce un vizio delle operazioni elettorali che comporta l’annullamento di tutti gli atti del procedimento, successivi alla illegittima ammissione>> [5]. Né potrà essere invocato genericamente l’appello all’art.51 della Costituzione [6], perché l’interesse primario da salvaguardare è quello di non vanificare l’esigenza di certezza sottesa al procedimento elettorale e scongiurare il grave danno alla sua trasparenza ed alla esigenza democratica della stabilità dei suoi risultati.

Le eccezioni devono essere circoscritte a circostanze di eccezionalità <<ascrivibili al genus della causa di forza maggiore>> così come si dirà più diffusamente in seguito.

LA MATERIALE CONSEGNA DELLA LISTA

La consegna delle liste va fatta al Segretario comunale senza eccezione alcuna.

Specifica il Consiglio di Stato,V, 1998 del 21 maggio 2002: <<la norma persegue la finalità di assicurare la certezza delle operazioni, nell’interesse degli elettori e delle liste concorrenti>>, <<il formalismo imposto dalla norma mira ad evitare ogni possibile contestazione in ordine alla tempestività della presentazione delle liste, concentrando nel solo Segretario comunale il potere di certificare modalità, tempi e contenuti della presentazione>>.

Per cui nella massima: <<Il termine (…) ammette deroga solo nel caso di rappresentanti che entro il termine prescritto siano effettivamente presenti all’interno dell’ufficio adibito a ricezione delle candidature e muniti della documentazione necessaria.>>

In C.d.S., V, 515 del 10.04.91 si ribadisce che a nulla vale la presenza del presentatore nella sede comunale per cui <<è legittima l’esclusione di una lista non presentata [nel termine] (…), non essendo sufficiente il solo ingresso dei presentatori della lista negli uffici comunali, entro il predetto termine>> e ancora precisa che <<la formalità della presentazione della lista e degli allegati, (…) non può e non deve oggettivamente presentare alcuna incertezza e (…) non va confusa con il fatto, MERAMENTE STRUMENTALE E SICURAMENTE ANTCEDENTE AL MOMENTO DELLA PRESENTAZIONE, costituito dalla materiale presenza degli incaricati nella segreteria del Comune>> [7].

La consegna si concreta in un atto di natura istantanea del quale il Segretario comunale è obbligato a dar conto nella ricevuta. Presentare la lista, infatti, (cfr. Art.32/10° DPR 570/60) significare “mostrare agli altri”: <<la presentazione si risolve in un’azione, che si consuma nel medesimo momento in cui è compiuta e consiste, nel caso di specie, nel portare al cospetto del Segretario (…) la lista e gli allegati [8].

A nulla varrebbe fornire interpretazioni difformi, adducendo una presunta “segmentazione” del procedimento di presentazione/ricezione, la quale, non soltanto non è sostenuta da alcuna giurisprudenza, ma è del tutto contraria all’illuminante pronuncia del C.d.S., V, 515 del 10.04.91 che sottolinea il carattere di istantaneità dell’atto di presentare: pertanto la presentazione delle liste non fa parte di un processo segmentato bensì è un atto istantaneo.

SULLA PRESENZA DEI PRESENTATORI NEL “PALAZZO DI CITTA'”

La sentenza del Consiglio di Stato Sez. V, n. 1271 del 4 marzo 2002 stabilisce nella massima:

<<Il lieve scostamento orario nella presentazione di una lista elettorale è privo di rilevanza nel caso in cui sia accompagnato dalla presenza, nell’orario prescritto, del presentatore della lista nel palazzo di città e da ragioni, indicate dal Segretario comunale con apposito verbale, giustificative del ritardo in questione>>.

La massima, dopo attenta lettura delle motivazioni, appare perfettamente allineata alla costante giurisprudenza sopra riportata e non viceversa in contrasto come potrebbe apparire da una prima non approfondita lettura.

In particolare il giudice del 2002 pone tre condizioni alla “giustificazione del ritardo”:

1)      Il <<lieve>> scostamento di orario nella presentazione della lista.

2)      la presenza del presentatore nel cosiddetto “palazzo di città” (la sede comunale);

3)      la verbalizzazione del Segretario comunale delle ragioni giustificative del ritardo.

Sarebbe opinabile l’orientamento giurisprudenziale volto a definire un <<lieve>> scostamento di orario, cosa che potrebbe ingenerare dubbi sulla “lievità” del ritardo (se sia di 1 minuto piuttosto che di 10 o di 20). Poi la sentenza chiarisce che deve trattarsi di un ritardo <<fisiologico>> alle operazioni di presentazione della lista, legato appunto allo svolgimento delle operazioni di verbalizzazione di più liste presentate contemporaneamente a ridosso del termine di scadenza.

Sarebbe altrettanto opinabile considerare la presenza di un presentatore nel “palazzo di città” che è una situazione di fatto alquanto incerta e di sicuro non certificabile dal Segretario comunale, il quale, mentre è obbligato a rimanere in Segreteria per ricevere le liste, dovrebbe anche preoccuparsi di verificare se in tutti gli uffici comunali non si sia per caso disperso un presentatore di lista (come? mediante suoi incaricati? Cosa che sarebbe da escludere, vista la non delegabilità di tali delicate funzioni certificative[9]). Di fatto, però, tale espressione “palazzo di città” viene riportata nella motivazione della sentenza 1271/02 molto diversamente da quanto avviene nella massima. Infatti si specifica che: <<Quanto alla presenza nel palazzo di città, essa non è affatto priva di significato in un caso in cui, come nella specie, il presentatore della lista era già presente nei locali destinati alla presentazione alle ore 12,00, come si evince dai verbali>>. Ecco che in questa sottolineatura (fortunatamente) torna il potere certificativo unificato nell’Ufficio del Segretario comunale, che è il solo a poter constatare e verbalizzare un ritardo <<accompagnato, all’ora di scadenza fissata dal legislatore, dalla presenza dei presentatori di lista nei locali deputati alla presentazione (…)>>.  

Da tali sottolineature si deduce che il G.A. d’appello ha inteso riferirsi alla presenza dei presentatori nel “palazzo di città” non come presenza (incerta ed equivoca) nell’edificio della sede comunale, bensì al cospetto del Segretario comunale, nel locali di ricevimento delle liste, in modo che solo così si possa certificare una “presenza” altrimenti del tutto opinabile (si pensi paradossalmente al caso in cui i servizi demografici siano in una sede comunale distaccata dalla segreteria: in tal caso la presenza di un presentatore in uno dei “palazzi di città” condurrebbe alla totale incertezza nell’applicazione della norma!).

La chiave di lettura della sentenza 1271/02 risiede nella terza condizione: le ragioni giustificative del ritardo. Nella fattispecie che ha formato oggetto di giudizio nel 2002 erano quelle legate a “fattori accidentali di cui non può farsi carico il presentatore stesso, che risultava presente nei locali ove doveva avvenire la presentazione al momento della scadenza del termine di legge”, dovuti alla presentazione contemporanea di numerose liste ed alla modalità di ricezione delle stesse, in quanto il Segretario di quel Comune pare abbia voluto rilasciare le ricevute di volta in volta, invece di raccogliere i plichi, certificarne l’orario di consegna, depositarli sulla sua scrivania e poi procedere all’esame del loro contenuto secondo l’ordine di arrivo. Appare evidente che in quel modo si produce un ritardo <<fisiologico>>, determinato dallo svolgimento di operazioni che, nella concitazione di quei momenti, un criterio prudenziale suggerirebbe di svolgere solo dopo l’acquisizione materiale ed istantanea dei plichi. Solo in questa specifica circostanza appare oltremodo ragionevole che l’operazione di compilazione della ricevuta implichi <<il trascorrere di un certo lasso di tempo (…) senza che tale circostanza possa avere inciso sulla validità della presentazione della lista>>.

Di tali operazioni il Segretario di quel Comune diede contezza sul verbale, per cui la fattispecie ha soddisfatto la condizione numero 3 richiamata nella massima, secondo la quale le ragioni del ritardo devono essere <<indicate dal Segretario comunale con apposito verbale>>.

LE CIRCOSTANZE ECCEZIONALI

Tutto ciò porta a concludere che la sentenza C.d.S. V 1271 del 4 marzo 2002 non costituisce affatto un’“isolata pronuncia” nel contesto di una pacifica linea giurisprudenziale ispirata dalla rigida e corretta interpretazione della norma: al contrario essa è conforme ai principi di perentorietà del termine di scadenza, alla cui deroga pone tre condizioni ben precise (il lieve <<fisiologico>> scostamento di orario, congiuntamente alla presenza del presentatore nel locale di consegna delle liste e congiuntamente a ragioni giustificative verbalizzate): tali tre elementi devono essere presenti congiuntamente e concorrono a riaffermare che la fattispecie della presentazione delle liste avvenga in quel quadro di certezza giuridica incontrovertibile che la norma richiede.

Solo in queste circostanze (che, si rammenta, devono essere ascrivibili al genus della forza maggiore) può invocarsi il principio del favor partecipationis, se e in quanto, cioè, la tutela della par condicio non venga ad essere limitata.

La sentenza del Consiglio di Stato del marzo 2003, già richiamata, costituisce la sintesi di tale sviluppo giurisprudenziale, per cui, con semplicità e chiarezza codifica un “criterio di giudizio” mediante il quale il giudice è chiamato a verificare la ricorrenza delle circostanze straordinarie <<che, sole, consentono di giudicare legittima l’ammissione di una lista presentata dopo la scadenza del termine perentorio>>.

La domanda che il giudice dovrebbe porsi quindi è: le circostanze addotte dai ricorrenti a giustificazione del ritardo possiedono o no i caratteri di eccezionalità, in quanto non imputabili agli stessi presentatori di liste ed “oggettivamente riconducibili a fattori causali del tutto estranei al loro controllo”?

IL NORMALE CANONE DI DILIGENZA.

La pronuncia in esame pone in rilievo (sorprendentemente) un criterio di “buon senso” mai riscontrato prima nella giurisprudenza in materia. Le difficoltà ordinarie e prevedibili nel rispetto dell’orario sono fattori causali sicuramente ascrivibili alla sfera di controllo dei presentatori di lista, i quali “secondo un normale canone di diligenza, avrebbero dovuto recarsi con congruo anticipo, e non dieci minuti prima, negli uffici comunali”.

Tale impostazione non può che essere condivisa. Quali sarebbero, infatti, le conseguenze di un indiscriminata apertura a deroghe o giustificazioni di dubbia eccezionalità? Si potrebbero presentare ipotesi (non così remote nel caso di competizioni elettorali locali piuttosto accese) in cui dei semplici provocatori temporeggino artatamente nei pressi del locale di presentazione delle liste in concomitanza con la scadenza del termine, per presentare delle liste appena oltre mezzogiorno riservandosi di “costruire” un ricorso giurisdizionale a seconda dell’esito elettorale.

Di certo il criterio della normale diligenza eleva un argine invalicabile nei confronti di tali artificiosi intenti e si pone al servizio del principio democratico della par condicio.

SUGGERIMENTI OPERATIVI

Alla luce di quanto espresso dal G.A., l’organizzazione amministrativa comunale o provinciale si trova a dover assumere delle decisioni operative che siano efficaci e che riducano il rischio di potenziali censure. L’organizzazione predisposta dagli Uffici comunali o provinciali sarà così ispirata dalla preoccupazione di evitare qualunque concitazione nel momento di scadenza di presentazione delle liste.

Saggiamente il Segretario di uno dei Comuni interessati dalla recente giurisprudenza, sceglieva di operare mediante una certificazione immediata ed istantanea della materiale presentazione delle liste [10], dando la precedenza ad essa rispetto alla delicata e “fisiologicamente” (cfr. Consiglio di Stato, V, 1271 del 4 marzo 2002) lunga fase di esame della documentazione contenuta nei plichi e della compilazione delle rispettive ricevute.

Dato che la presenza del presentatore “nei locali ove doveva avvenire la presentazione al momento della scadenza del termine di legge>> (sentenza 1271/02) non implica affatto, come abbiamo visto, il compiersi dell’adempimento formale prescritto dalla norma, non avrebbe nemmeno senso l’accorgimento (spesso utilizzato da parte dei Segretari comunali) di far chiudere la porta dell’ufficio o addirittura la porta della sede comunale.

Né il Segretario sarebbe tenuto a richiedere o intimare con inviti reiterati la consegna delle liste ai presentatori presenti nell’ufficio nell’approssimarsi della scadenza, in quanto la presentazione è adempimento posto a totale carico (e nell’interesse) dei presentatori [11].

Ben più delicata è la fase (che la norma, in effetti, non prevede, ma che si desume dalla giurisprudenza sopra riportata) della verbalizzazione delle ragioni giustificative non dipendenti dalla volontà del presentatore, appurate dal Segretario comunale. E’ ovvio che il Segretario non è tenuto a verbalizzare tutto ciò che accade negli ultimi minuti prima della scadenza (non si tratta ovviamente di fare una “cronaca” delle persone presenti e della dinamica dell’accaduto) a meno che non si voglia prestare il fianco a contestazioni sulle modalità di verbalizzazione da parte degli interessati: ragioni di opportunità suggeriscono che il Segretario si limiti a compilare la ricevuta secondo le istruzioni ministeriali.

La sentenza del Consiglio di Stato n.165 del 1999 soccorre a tal fine in quanto da essa si ricava chiaramente che: <<il segretario comunale non può verbalizzare elementi contraddittori o che tengano conto di momenti e di operazioni diverse da quelle sancite dalla legge e non può, quindi, dichiarare di avere “ricevuto” ad una certa ora, successiva alle ore 12, la documentazione di chi era presente prima dell’ora medesima>>.

Circa la “laconicità” del verbale del segretario comunale, sollevata in sede di ricorso dai ricorrenti di una lista non ammessa, si sottolinea quanto sopra e si rammenta che le istruzioni ministeriali dettano specifiche e rigide modalità di redazione della ricevuta, fornendo il ben noto modello di ricevuta.

La sentenza in parola semmai viene incontro alle ragioni dell’esclusione delle liste ritardatarie, nel momento in cui sostiene che <<la legge si riferisce con chiarezza alla consegna della documentazione nelle mani del segretario, nel senso che egli fino alle 12 può riceverla e, se vi è bisogno di esaminarla, PUO’ VERIFICARNE CON CALMA LA COMPLETEZZA, PER POI VERBALIZZARE SE GLI ATTI PRESENTATI TEMPESTIVAMENTE SIANO COMPLETI>>. Questo è esattamente il criterio operativo che si è suggerito appena sopra, proprio perché molti dei contenziosi che hanno formato oggetto di giurisprudenza sono insorti per equivoci legati alla mancata istantaneità della consegna delle liste e della certificazione dell’orario da parte del Segretario.

PREVALENZA DOCUMENTALE SULLE DICHIARAZIONI DI CONOSCENZA

La verbalizzazione costituisce dunque il passaggio essenziale per il procedimento: lo è a maggior ragione nel momento della sottoposizione al giudizio del G.A.

Le eventuali testimonianze raccolte dal ricorrente, ad esempio di persone presenti nel luogo dove si sono svolti i fatti, presentate sotto forma di dichiarazioni di conoscenza non hanno alcuna rilevanza per dimostrare che i fatti si sono svolti diversamente, stante l’assoluta prevalenza del documento facente fede privilegiata, vale a dire il verbale di ricevuta compilato dal Segretario comunale. Nemmeno una dichiarazione resa al medesimo Segretario comunale avrebbe rilevanza nel giudizio. Il documento fa stato fino a querela di falso e pertanto non è possibile contestarne il contenuto in sede amministrativa, trattandosi di atto avente carattere certificativo delle attività materiali svolte nell’esercizio di funzioni pubbliche di pertinenza del Pubblico Ufficiale [12].

BREVI CONSIDERAZIONI SULLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO 2297/01.

La sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n.2297 del 12 aprile 2001, dalla cui pronuncia ha tratto espressamente ispirazione la sentenza 1271/02 sopra esaminata, ha per prima introdotto il criterio del <<leggero>> ritardo, pur sempre condizionandolo alla sua dipendenza da un fattore indipendente dalla volontà del presentatore quale quello del ritardato rilascio dei certificati elettorali.

La sentenza pare di minor interesse interpretativo rispetto alla 1271/02 sopra esaminata in quanto:

1)      la giurisprudenza è pacifica nel ritenere il mancato deposito insieme con la lista dei candidati dei certificati elettorali una causa non giustificativa della ricusazione della lista (cfr. Cons. Stato, Ad Plen., 30.11.1999, n.23 e Cons. Stato, Sez. V, 28.04.1999, n.505);

2)      la fattispecie che ha formato oggetto della pronuncia 2297/01 si riferiva ad un <<cattivo funzionamento dei macchinari>>, circostanza che ben integra gli estremi dell’eccezionalità richiesta dalla giurisprudenza[13].

I PROVVEDIMENTI IMPUGNATI: LE RICHIESTE DI ACCESSO ED IL RISPETTO DELLA PRIVACY.

Brevemente, la richiesta d’accesso formale ai sensi della legge 241/90 da parte del Comune nei confronti della Commissione elettorale, nonché le richieste di accesso da parte di qualunque interessato per acquisire i provvedimenti di ammissione o esclusione delle liste da parte della medesima Commissione, pur potendo contenere quei documenti dei dati sensibili, sono legittime per la tutela di un interesse giuridicamente rilevante quale l’azione in giudizio, dovendo comunque la pubblica amministrazione adoperarsi per garantire il rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza (artt. 3 e 4, D.Lgs. n.135/1999)[14].

LA LEGITTIMAZIONE PASSIVA NEL RICORSO

In materia di esclusione di una o più liste dalla competizione elettorale sorge il problema della individuazione della parte pubblica che è legittimata passiva nel ricorso.

La legittimazione passiva sussiste in capo all’ente locale che si appropria del risultato elettorale. Non sarebbe in capo alla Commissione circondariale, il quale è organo straordinario deputato alla verifica delle condizioni di ammissione delle liste e dei relativi allegati.

Ricadendo cioè gli effetti dell’annullamento (o della conferma) sull’ente locale, esso solo ha la legittimazione a resistere al ricorso [15].

Il Consiglio di Stato, sez. V, n.116 del 03.02.99, afferma inoltre che il ricorso avverso l’esclusione della lista può essere presentato prima della proclamazione degli eletti, nei termini abbreviati dettati dalla normativa [16], impugnando immediatamente il verbale della commissione circondariale, ma diventa inammissibile se non viene poi impugnata la proclamazione degli eletti.

L’ATTIVITA’ DELLA COMMISSIONE ELETTORALE CIRCONDARIALE

In ossequio al principio del favor partecipationis la commissione elettorale circondariale può assumere tutte le informazioni necessarie a chiarire le modalità di presentazione delle liste, eventualmente udendo i protagonisti della vicenda (Pubblico ufficiale ricevente e presentatori). E’ chiaro che anche in questo caso il valore del testo documentale della ricevuta assume un rilievo preponderante, ma nulla vieta all’organo straordinario di compiere una rapida (i termini non ammettono deroga) ed equilibrata (sarebbe opportuno udire sia l’una che l’altra parte) istruttoria volta a dare conforto alla propria decisione. Del resto tale possibilità è espressamente prevista dalla norma ed è pacifica in giurisprudenza.

Considerato che il provvedimento di esclusione della lista riveste il carattere di atto definitivo, a nulla vale da parte del presentatore “escluso” appellarsi alla medesima commissione ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. n.570/60[17], che si riferisce a contestazioni o modifiche esclusivamente dettate da carenze dei requisiti citati nel medesimo articolo (mere irregolarità) e non ad altri (irregolarità insanabili o addirittura nullità) [18].

Pertanto il vizio del ritardo della presentazione della lista ha carattere insanabile e può essere impugnato solo di fronte al T.A.R..

La Commissione elettorale che dovesse ricevere un’istanza di riesame ai sensi del citato art. 33 da parte di una lista esclusa per ritardo nella presentazione, non potrebbe far altro che verbalizzare la propria incompetenza a decidere. Tale secondo verbale, avendo natura meramente procedimentale e non provvedimentale, non è suscettibile di autonoma impugnativa dinanzi al Tribunale amministrativo.

 

[1] D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570,  art. 32/10° (come modificato dall’art.4/10° della legge 11 agosto 1991 n.271).

[2] <<Con la lista devesi anche presentare:

– un modello di contrassegno, anche figurato, in triplice esemplare;

– la dichiarazione autenticata di accettazione della candidatura, contenente la dichiarazione del candidato di non essere in alcuna delle condizioni previste dal comma 1 dell’articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55;

– il certificato di iscrizione nelle liste elettorali di qualsiasi Comune della Repubblica di ogni candidato;

– l’indicazione di due delegati che hanno la facoltà di designare i rappresentanti delle liste presso ogni seggio e presso l’Ufficio centrale: le designazioni debbono essere fatte per iscritto e la firma dei delegati deve essere autenticata nei modi indicati al quarto comma dell’art. 28.>>

[3] Di fatto il luogo deputato alla consegna delle liste non coincide sempre con l’ufficio del Segretario comunale, tant’è che in molti Comuni vige la prassi della consegna presso altri uffici, principalmente presso l’ufficio elettorale. Cfr. T.A.R. Marche, ordinanza n. 174 del 13.05.03: <<non può attribuirsi dirimente rilievo all’ubicazione dell’Ufficio di ricevimento>>.

[4] Cfr. Consiglio di Stato, V, 10.04.91, 515; Cfr. C.d.S. ,V, 1998 del 21 maggio 2002 e in dottrina, MAGGIORA, In tema di esentazione dell’ora finale per la presentazione delle candidature, in Voce 1981, 314; LA TORRE, Termine per la presentazione delle lista elettorali, in Amm. It. 1983, 580; VIRGA P., Diritto amministrativo, 1992, vol. 2, 102;

Il Consiglio di Stato (Sez. V, 989 del 19.12.1980) rafforza tale perentorietà precisando che <<nessun obbligo sussiste per gli uffici comunali in ordine al ricevimento delle liste od alla disponibilità del segretario comunale, una volta trascorse le ore dodici dell’anzidetto ultimo giorno utile>> (sentenze conformi Sez. V, 160 del 08.05.81; Sez. V, 236 del 05.06.81, Sez. V, 148 del 07.03.86).

Vedasi ordinanza del T.A.R. delle Marche del 13.05.03 su richiesta di sospensiva avanzata dalla lista “Forza Italia” nei confronti dei provvedimenti di esclusione dalle elezioni comunali del maggio 2003: <<il termine di cui all’art.32/10 del D.P.R. 16.05.60, n.570 è da considerarsi assolutamente perentorio>>.

[5] Consiglio di Stato, V, 10.04.91, 515.

[6] Cfr. Consiglio di Stato, V, 1706 del 25.03.03: <<la tutela dell’elettorato passivo non prescinde dal rispetto delle disposizioni normative che regolano la competizione elettorale e (…), anzi, i diritti in questione risultano condizionati proprio dal legittimo accesso alla consultazione e dal regolare conseguimento della carica elettiva.>>

[7] La sottolineatura è da parte di chi scrive.

[8] Sempre in Consiglio di Stato, V, 515 del 10.04.91.

[9] Cfr. C.d.S. ,V, 1998 del 21 maggio 2002 <<il formalismo imposto dalla norma mira ad evitare ogni possibile contestazione (…), concentrando nel solo Segretario comunale il potere di certificare modalità, tempi e contenuti della presentazione>>.

[10] Tale operazione ben potrebbe essere espletata mediante l’annotazione dell’orario sul modello della ricevuta o su un’etichetta applicata al plico ricevuto e poi depositato in luogo ben visibile, ma inaccessibile a chiunque.

[11] Ciò rientra perfettamente nel criterio della “normale diligenza” sopra illustrato.

[12] T.A.R. Marche, ordinanza 174 del 13.05.03: <<(…) è irrilevante, nella presente sede, ogni dichiarazione di conoscenza, ivi compresa quella del Segretario comunale, stante la prevalenza delle risultanze della ricevuta di presentazione della lista, in quanto facente stato fino a querela di falso, querela che non risulta attualmente proposta, per il che non sussiste, in questa sede, possibilità di contestarne le emergenze;>>

[13] Tale circostanza è espressamente richiamata dalla sentenza del Consiglio di Stato, V, n.1706 del 25.03.03.

[14] Newsletter Garante della Privacy del 24-30 marzo 2003 n.164.

[15] Virga, Diritto amministrativo, Vol. 2 atti e ricorsi, 1992, pag. 465.

[16] Legge 23 dicembre 1996, n.1147, pubblicata sulla G.U., serie generale, del 31.12.66 n.329.

[17] <<La Commissione entro il ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione si riunisce per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate, ammettere nuovi documenti e deliberare sulle modificazioni eseguite.>>

[18] Consiglio di Stato, V, n.148 del 07.03.86 e n.574 del 17.05.96. ( da www.giust.it )

 

 

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