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L’INTOSSICAZIONE ALCOLICA: QUANDO BEVIAMO QUEL BICCHIERE DI TROPPO

ANTONIO CANTELMO *|Qualunque persona, anche se non alcol dipendente può incorrere in una crisi di intossicazione acuta alcolica e ciò è causato dalla quantità di alcol assunto in un breve spazio di tempo necessario a raggiungere uno stato di ebbrezza detto anche ubriachezza. In un’enciclopedia di chirurgia del 1883 l’Autore provava a descrivere lo stato di ebbrezza come: “ quello strano delirio acuto, che è il risultato di un grande abuso, il delirium ebriosorum”, la vera mania a potu. Tutti gli stati sono rappresentati da questi pazienti, dal rimorso che piange alla rabbia, che munge. Essi richiedono per lo più accurata sorveglianza onde non offendere sé stessi e gli altri, finché gli effetti immediati delle dosi troppo forti di alcol siano passati, e allora si possono quasi sempre contenere senza “difficoltà”.  Questo Autore “vecchio” concludeva dicendo: “il chirurgo incontra spesso di tali casi giacché sono frequenti le ferite di ogni sorta durante l’ebbrezza”; questa affermazione ci risulta così attuale fino a pensare alle continue cronache delle stragi del sabato sera o dei tanti gravi infortuni sul lavoro dei nostri giorni. La gravità delle manifestazioni cliniche dell’intossicazione acuta alcolica è dipendente dalle caratteristiche del soggetto e dalla qualità e quantità degli alcolici assunti. L’etanolo per la sua liposolubilità, solo dopo pochi minuti dall’assunzione penetra prontamente la barriera emato-encefalica fino a raggiungere nel cervello un tasso alcolico simile a quello ematico. Nei soggetti non alcolisti e quindi poco tolleranti, i primi sintomi compaiono con livelli di alcolemia compresi tra 50 e 90 mg/dl. L’assunzione contemporanea di altre sostanze tipo psicofarmaci o altre droghe accentua i disturbi. L’assorbimento delle bevande alcoliche a livello dell’apparato gastrointestinale dipende da vari fattori quali, lo stato di ripienezza dello stomaco e la concentrazione alcolica delle bevande stesse. Noi sappiamo che circa il 70% dell’alcol assunto è assorbito dallo stomaco, il 25% dal duodeno e solo il 5% raggiunge l’angolo di Treiz (ultimo tratto del duodeno ascendente che si lega al pilastro diaframmatico alla posizione destra) e si ritiene che il passaggio dell’alcol dal lume gastro-duodenale al sangue avvenga rapidamente per un meccanismo di diffusione passiva. Nel soggetto digiuno oltre il 90% di una dose di alcol assunta è assorbito dopo circa un’ora, il picco alcol emico si raggiunge entro 45 minuti dall’assunzione; l’ingestione contemporanea di cibo soprattutto se ricco di grassi, rallenta, rallenta notevolmente l’assorbimento dell’alcol. Inizialmente l’effetto dell’etanolo (con livelli di alcolemia compresi tra 50 e 99 mg/dl) è caratteristicamente euforizzante poiché riduce l’attività inibitoria della sostanza reticolare sulla corteccia cerebrale: il soggetto risulta cosi logorroico, con eloquio caratteristicamente scoordinato, disinibito, ha un’andatura barcollante, può essere tachicardico e tachipnoico. Già a queste dosi i riflessi sono rallentati, con diminuita capacità percettiva, con tendenza a distrarsi e con incapacità ad affrontare situazioni impreviste tanto che la guida di veicoli in queste condizioni risulta estremamente pericolosa. Aumentando il livello alcolemico (100-199 mg/dl) si manifesta il reale effetto depressivo dell’etanolo sul SNC: da uno stato di ebbrezza si passa cosi ad uno stato di ubriachezza vera e propria, caratterizzata da un globale rallentamento delle capacità percettive e di comprensione del soggetto; questi può cadere con estrema facilità in un sonno profondo, dal quale è comunque risvegliabile, il tono dell’umore inizialmente euforico, può divenire francamente depresso, può presentare incontinenza sfinterica e segni di coinvolgimento del SNA quali pallore e midriasi. Con livelli ancora più elevati (200-300 mg/dl) l’intossicazione si fa veramente grave: il soggetto appare confuso, soporoso, a volte in preda ad allucinazioni e deliri; a complicare il quadro possono sopraggiungere aritmie cardiache, alterazioni dell’equilibrio acido-base, disordini elettrolitici e crisi convulsive. Valori superiori a 300 mg/dl causano un progressivo obnubilamento del sensorio con ipotermia, ipotensione e depressione respiratoria fino al coma etilico. Nella realtà il coma etilico è infrequente e può essere facilitato dalla contemporanea assunzione di psicofarmaci o altre droghe e spesso richiede una diagnosi differenziale con altri quadri nosologici quali il coma epatico, il coma ipoglicemico o quello post-traumatico o da intossicazione da altre sostanze. Il quadro clinico più classico dell’intossicazione alcolica acuta è l’ubriachezza cosiddetta semplice, caratterizzata da uno stato di euforia con perdita delle inibizioni fino ad arrivare ad uno stato di depressione con vari gradi di alterazione dello stato di coscienza, l’individuo riduce le sue capacità percettive sia visive che uditive fino a perdere il senso delle misure, si rallenta la sua capacità di risposta con riflessi rallentati, è incapace di reagire agli imprevisti, presenta una disarticolazione del linguaggio e disturbi dell’equilibrio con andatura insicura fino all’incapacità di mantenere la stazione eretta; dal punto di vista clinico il paziente si presenta tachicardico con tachipnea, vasodilatazione periferica con ipotensione, aumentata soglia del dolore, iporeflessia, sonnolenza e confusione, tremori, nausea e vomito con alito alcolemico. La terapia nei gradi lievi-moderati di alcolemia prevede solo di attendere la completa metabolizzazione dell’alcol da parte dei tessuti senza adottare altre misure ad eccezione di quei casi ove sussistano altre malattie concomitanti. Il ricorso ad ipnotici e sedativi, deve essere attentamente valutata per il rischio di depressione respiratoria che ne può derivare. Nei casi invece più gravi, in cui è presente sopore e vomito, sia per rimuovere alcol residuo dallo stomaco, sia per allontanare residui alimentari che potrebbero essere responsabili di polmoniti ab ingestis, è indicato praticare una lavanda gastrica, inoltre poiché l’etanolo può determinare una disidratazione secondaria a poliuria da riduzione della secrezione di ADH (ormone antidiuretico), è utile infondere soluzioni saline per ristabilire l’equilibrio idro-salino. In alcuni soggetti predisposti, portatori di patologie complesse di tipo psichiatrico o degenerativo del SNC l’ubriachezza assume toni patologici, caratterizzata da importanti alterazioni dello stato di coscienza con disorientamento temporo-spaziale e gravi reazioni ansiose associate spesso a crisi convulsive o reazioni psicotiche con agitazione e confusione mentale, deliri e allucinazioni. L’etilista cronico, pur maggiormente resistente all’azione dell’alcol rispetto al forte bevitore occasionale, può comunque presentare più facilmente gravi emergenze cliniche quali: disidratazione isotonica con acidosi se concomita diarrea o con alcalosi in relazione al vomito, shock ipovolemico da emorragie del tratto digestivo, coma iperosmolare per azione diretta dell’alcol. In questi casi la terapia deve essere mirata a superare le emergenze che si vengono a creare monitorizzando attentamente i parametri vitali dei pazienti presso strutture ospedaliere ad elevata specializzazione.

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Dott. Antonio Cantelmo: Medico-Chirurgo, Specialista in Psicologia Clinica e Psichiatria, Dirigente Medico UOC Medicina Generale e Pronto Soccorso ASL Caserta, Socio della Società Italiana di Psichiatria – Pratella (CE ) – 0823/783600 – 330/659140 – antonio.cantelmo@libero.it

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Iscritto all'ordine nazionale dei giornalisti, già direttore e fondatore della testata giornalistica italianews24.net e attualmente alla direzione di Casertasera.it. Collaboratore di numerose testate nazionali e locali.

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