Dopo l’omicidio di Chiara Poggi è stato sequestrato ed analizzato il computer di Alberto Stasi, fidanzato della vittima ed unico indagato, l’analisi del pc ha rivelato l’ossessione di Stasi per i siti erotico-pornografici e l’acquisizione da parte dello stesso di alcune foto e video a carattere pedo pornografico. Dopo l’accusa di detenzione e divulgazione di materiale pedo pornografico, Alberto Stasi ha subito un processo, è stato condannato in primo e secondo grado e assolto in cassazione.
7064 immagini e 542 filmati pornografici, 21 immagini e 7 filmati pedo pornografici si trovavano nel disco rigido del computer portatile di Alberto Stasi in una cartella anonima chiamata NUOVA CARTELLA, all’interno di una directory denominata MILITARE, la quale oltre a contenere foto di aerei, carri armati e soldati celava il torbido segreto del giovane studente. Stasi aveva catalogato le immagini ed i filmati pornografici in undici cartelle dai titoli rivelatori: AMATEUR, BIG, PREGNANT, VIRGINS, FORCED, FACIAL, ORGY, COLLANT (2869 file), MATURE (586 file), FOTO CELL.
In FOTO CELL gli inquirenti hanno trovato 89 immagini degli amici e di Alberto, Alberto in perizoma, foto di Chiara a Londra e foto della biancheria intima, dei piedi e delle scarpe di estranee incontrate per strada, alcune delle stesse scattate da Alberto con il telefonino pochi secondi dopo aver fotografato la fidanzata nella capitale inglese.
Il materiale a tema pedo pornografico è stato definito “raccapricciante” dalla corte d’Appello di Milano. Dalle foto e dai video pornografici, dalla cura ossessiva impiegata nella loro catalogazione e dalla frequenza continua di visualizzazioni si evince che Stasi è affetto da disturbi della sfera sessuale consistenti in diverse parafilie, oltre alla pedofilia, la gerontofilia, il feticismo per scarpe ed indumenti intimi, il voyeurismo ed il sadismo. Dal punto di vista dell’analisi statistica, soggetti affetti da queste stesse parafilie uccidono con maggior frequenza dei soggetti sani.
Il movente dell’omicidio
Ogni azione ha un motivo, una causa che la determina, i moventi non sono assoluti ma sempre relativi, come si evince dalla casistica. Ciò che conduce un soggetto ad uccidere, in un altro può destare solo ilarità. Pensiamo ad un certo numero di soggetti omosessuali messi di fronte alla propria omosessualità ed alle loro possibili reazioni, reazioni che variano a seconda della loro età, dell’accettazione o meno da parte della famiglia d’origine, dell’ambiente in cui vivono, del grado di scolarizzazione, della religione di appartenenza, etc, etc.
Sono i disturbi della sfera sessuale di Alberto Stasi, ovvero le sue parafilie, il movente dell’omicidio. L’assoluzione di Stasi per il reato di detenzione e divulgazione di materiale pedo pornografico non cancella le sue perversioni.
Chiara Poggi, con tutta probabilità, poche ore prima di venir uccisa, dopo aver affrontato per l’ennesima volta l’argomento, minacciò di rivelare a qualcuno i segreti inconfessabili del suo fidanzato, sul pc della stessa venne ritrovato, a conferma di questa ipotesi, il risultato di una ricerca sui pedofili.
Quella sera del 12 agosto, secondo la logica, Alberto non sarebbe andato a chiudere il cane tra le 21.59 e le 22.10 per poi tornare a casa di Chiara ed infine rientrare poco dopo per dormire a casa propria, avendo tra l’altro in programma di svegliarsi presto per lavorare alla tesi di laurea, Stasi quella sera aveva intenzione di dormire con la fidanzata, furono i dissidi con Chiara che lo indussero a tornare nella sua casa di via Carducci; Alberto Stasi ha mentito agli investigatori quando ha detto che non era sua intenzione restare a dormire da Chiara, lo ha fatto per nascondere la discussione, ovvero il movente dell’omicidio.
Uno dei due scenari qui sotto descritti seguì alla discussione tra Chiara ed Alberto:
- Omicidio premeditato: Stasi dopo aver discusso con la fidanzata nelle prime ore del 13 agosto, forse di una promessa non mantenuta, ha lasciato casa Poggi, ha premeditato l’omicidio e al mattino si è recato dalla fidanzata con l’intenzione di ucciderla.
- Omicidio d’impeto: Stasi dopo aver discusso con la fidanzata nelle prime ore del 13 agosto, forse di una promessa non mantenuta, ha lasciato casa Poggi, è tornato poche ore dopo per chiarire, per chiedere a Chiara di non “sputtanarlo” ma non è riuscito nel suo intento e per questo l’ha uccisa.
Stasi ha scelto di uccidere la fidanzata per non affrontare le conseguenze delle rivelazioni della Poggi, rivelazioni che lo avrebbero marchiato per sempre come un pervertito. Stasi ha ucciso per evitare di andare incontro alla disistima genitoriale, ad una eventuale temutissima punizione paterna e al probabile fallimento del suo progetto di escalation sociale, Stasi, nipote di un camionista, figlio della media borghesia benestante, sognava un riscatto sociale ed era giunto quasi a laurearsi alla Bocconi, ad acquisire il titolo di dottore in una delle più importanti università italiane.
Alberto, dopo l’omicidio, ha fatto sparire l’arma usata per il delitto, l’assenza della stessa non ci permette di dire se egli abbia ucciso con premeditazione. Avvalora l’ipotesi dell’omicidio d’impeto la presenza della bicicletta di Stasi, la Umberto Dei Milano, all’esterno della casa della vittima, se Alberto fosse andato da Chiara con l’intenzione di ucciderla, avrebbe quantomeno nascosto la sua bicicletta nel giardino di casa Poggi.
Il giorno dell’omicidio Stasi non si recò da Chiara con una bici nera da donna ma con la sua Umberto Dei.
Stasi, dopo aver commesso l’omicidio, gettò gli abiti e le scarpe insanguinate, si lavò e pulì la bicicletta Umberto Dei con la quale si era mosso quella mattina. Alberto, dopo aver fatto il possibile per eliminare ogni traccia del reato, non fu capace di resettarsi, quando, dopo le 13.30, tornò in via Giovanni Pascoli, non entrò nella villetta dei Poggi per non sporcarsi, la scena che descrisse agli inquirenti la conosceva perfettamente per averla vista in precedenza.
La telefonata di Stasi al 118
Alberto Stasi ha chiamato il 118 alle 13.50 del 13 agosto 2007:
- Durante tutta la telefonata l’operatore è a pesca di informazioni che inaspettatamente Stasi non gli rivela spontaneamente.
- Il tono della voce non è in accordo con i fatti descritti. Mancano l’enfasi e la modulazione del tono della voce, mancano i picchi sulle parole chiave e non traspare alcun coinvolgimento emotivo.
- Stasi richiede un’ambulanza fornendo un indirizzo mancante del numero civico, numero del quale Alberto avrebbe potuto rapidamente accertarsi; non solo, Alberto Stasi non informa il telefonista del 118 che il corpo di Chiara si trova sulle scale che conducono nella cantina della villetta. Tra l’altro Stasi è a conoscenza che il cancello di casa Poggi è chiuso e che, inevitabilmente, tale circostanza rallenterà i soccorsi, ma non si preoccupa di tornare indietro per aprirlo e per riferire il numero civico; un comportamento che ci indica che Stasi non ha urgenza che Chiara venga soccorsa.
- Stasi, secondo quanto riferito all’operatore, comunica la probabile morte di Chiara senza avere le competenze mediche per farlo. Comunicare la morte di un soggetto per il quale si stanno chiamando i soccorsi, non è certamente un invito rivolto ai soccorritori a recarsi rapidamente sulla scena. La reazione di un innocente che scopre la vittima di un omicidio o di un incidente è generalmente opposta, soprattutto i familiari negano nell’immediatezza la morte di un loro caro per l’incapacità di metabolizzare un’informazione così sconvolgente, anzi chiedono ai soccorritori di praticare sul corpo del defunto ogni misura medica possibile per resuscitarlo, anche quando questi appare “irrimediabilmente” morto.
- Alberto non fa alcun riferimento alla vittima, solo in seguito alle domande dell’operatore del 118, ne parla come di una estranea, affermando: “credo che abbiano ucciso una persona” e “lei è sdraiata per terra”; infine, e solo in risposta ad una domanda dell’operatore, la definisce “la mia fidanzata”. Stasi, non introducendo, come avrebbe dovuto, la vittima, ovvero con nome, cognome e tipo di relazione che aveva con lei, ci informa della qualità del loro rapporto. Non fare il suo nome gli permette, inoltre, di depersonalizzarla in modo da ridurre lo stress che gli provoca il dover parlare di lei.
Alberto Stasi dai Carabinieri
Stasi ha chiamato il 118 mentre si stava recando nella caserma dei Carabinieri. Rispetto alla telefonata di soccorso, egli apparve agli uomini dell’Arma, da un punto emotivo, un’altra persona. I carabinieri presenti lo hanno descritto come tachicardico e in preda al panico. Stasi non ha nascosto di essere spaventato tanto che un carabiniere, preoccupato per le sue condizioni fisiche, gli ha misurato la pressione.
Alberto è apparso calmo e distaccato al telefono con l’operatore del 118, ma appena giunto dai Carabinieri, quella freddezza ha lasciato il posto al panico. Il panico è uno stato emotivo difficilissimo da nascondere, la cui causa, in questo caso, non è da ascriversi alla scoperta del cadavere della fidanzata, quanto al timore di commettere degli errori che potevano indurre gli uomini dell’Arma a sospettarlo dell’omicidio. Nel “raccontare cosa è successo” ai carabinieri, per usare una sua frase estratta dalla telefonata al 118 (da un testimone che dice di aver trovato un corpo ci aspetteremo solo frasi del tipo: “raccontare cosa ho visto” e non frasi che tradiscano una partecipazione), Stasi ha temuto di incorrere in contraddizioni fatali che gli avrebbero condizionato il destino. Una posta in gioco altissima per Alberto: Ecco perché era in preda al panico in caserma, un panico manifesto con evidenti sintomi fisici.
Gli interrogatori di Stasi
Stasi, durante gli interrogatori, ha dissimulato, non ha raccontato né di dissidi precedenti, né di una eventuale discussione avuta con Chiara la sera del 12 agosto, discussione che, con tutta probabilità, aveva invece cambiato i programmi di quella serata. La Poggi, con tutta probabilità, non era la prima volta che affrontava l’ossessione di Alberto Stasi per la pornografia. Viene da chiedersi il perché, durante gli interrogatori, Alberto abbia taciuto la risposta muta di 12 secondi sull’utenza di casa Poggi seguita alla sua telefonata delle 13.27e perché solo dopo tale risposta si sia diretto in via Pascoli. Il sistema di allarme dei Poggi rispose in automatico, Alberto Stasi non poteva saperlo e forse temette che Chiara fosse ancora viva e che avrebbe potuto chiamare i soccorsi.
Durante gli interrogatori, Stasi è incorso in un enorme passo falso quando ha cercato di giustificare la presenza del sangue di Chiara sui pedali della sua bici Umberto Dei, Alberto ha infatti sostenuto di aver pestato, nei giorni precedenti all’omicidio, il sangue mestruale della fidanzata e di averlo trasferito sui pedali, una spiegazione inverosimile. Alberto, con la sua risposta, non ha fatto che confermare che quello repertato dai RIS sui pedali era sangue di Chiara.
Dai sui interrogatori: “…Ho capito che era morta solo quando l’ambulanza è arrivata e non è andata via con lei. Preciso che ho visto un medico scendere e parlare con i Carabinieri e fare un segno con le mani come per dire che non c’era bisogno. Ho appreso del decesso di Chiara dal dialogo tra i Carabinieri e i medici. Non ho chiesto a nessun medico se Chiara fosse deceduta né tantomeno quale fosse stata la causa del decesso…”.
Stasi non si è informato sulle condizioni di Chiara o sulla probabile causa della morte perché conosceva le risposte. Il fatto che Alberto non abbia chiesto informazioni su Chiara non è un dettaglio di poco conto.
La mancanza di senso di colpa di Stasi dopo l’omicidio
Dalle intercettazioni e dal comportamento post omicidiario di Alberto Stasi non emerge alcun turbamento morale ma una profonda anaffettività e l’assenza di rimorso, caratteristiche che si accordano perfettamente con le parafilie di cui egli è affetto, esse stesse prova di una patologica mancanza di senso morale.
All’indomani dell’omicidio, Alberto è stato capace di razionalizzare elaborando rapidamente delle giustificazioni al suo gesto. Chiara, secondo lui, ha meritato la morte per aver provato a minare alle fondamenta la sua autostrada verso l’escalation sociale. Chiara lo aveva infatti minacciato di rivelare squallidi segreti che, una volta conosciuti da chi non condivideva con lui le sue perversioni, rischiavano di cambiargli la vita. Il padre, lo avrebbe punito, gli avrebbe tagliato i viveri, gli avrebbe impedito di godere delle sue ossessioni, lo avrebbe considerato un pervertito, un depravato, un corrotto, uno tra i peggiori esseri di cui è composta la società e lo avrebbe obbligato anche a recarsi da uno psicologo, lui che non si sentiva affatto malato.
La scena del crimine
Chi uccise Chiara la conosceva bene, ella infatti aprì la porta vestita solamente di un pigiama estivo; non furono repertate impronte di estranei nell’appartamento; non fu aggredita alle spalle da un soggetto sconosciuto mentre tentava di sfuggire.
Chiara fu attinta al volto dai primi colpi proprio mentre stava parlando con il suo aggressore. All’esame autoptico non sono state riscontrate lesioni da difesa né sulle sue braccia né sulle mani, una riprova del fatto che Chiara non si aspettava di venir colpita.
Chi ha ucciso Chiara era al corrente che i familiari non si trovavano a Garlasco e che quindi non c’era il rischio che rientrassero in casa, tanto che si diresse in bagno e vi rimase a lungo per lavarsi dal sangue della sua giovane vittima, lasciando, in quel frangente, le impronte insanguinate delle proprie scarpe da tennis sul tappetino del bagno e l’impronta del palmo della sua mano sul dispenser.
L’assassino gettò il cadavere di Chiara giù dalle scale della cantina forse in un ultimo gesto di disprezzo.
Alberto Stasi al funerale di Chiara:
Alberto, come tutti i responsabili di un omicidio, nelle fase iniziali delle indagini ha finto di collaborare con gli inquirenti e ha recitato la parte del fidanzato in lutto a favore degli stessi e dell’opinione pubblica, in specie mostrandosi sgomento e facendosi sostenere dalla propria madre il giorno dei funerali di Chiara. La madre di Alberto Stasi e la sorella dell’uxoricida Salvatore Parolisi, alla quale egli apparve, a dir poco, coeso il giorno dei funerali della moglie Melania Rea, sono servite ai due assassini per tenere a debita distanza i presenti a quelle commemorazioni. Le due donne e la simulata prostrazione dei due rei, scoraggiando ogni potenziale interlocutore, hanno avuto funzione di barriera nei confronti del resto del mondo. Stasi e Parolisi sono riusciti così a limitare la pressione cui temevano di venir sottoposti durante i funerali delle loro vittime. Sia Stasi che Parolisi, impossibilitati ad esprimere il proprio reale sentimento, ovvero il sollievo, hanno tentato di soffocarlo goffamente esasperando la rappresentazione di un sentimento opposto, fingendosi innaturalmente afflitti da una inconsolabile sofferenza.
Le intercettazioni
806 sono le pagine di intercettazioni ambientali e telefoniche che riguardano Alberto Stasi e dalle quali si evince come abbia seguito ossessivamente le indagini, abbia interrogato di continuo gli avvocati sulla propria posizione, sia stato ripetutamente sprezzante nei confronti di chi indagava, dell’avvocato di parte civile dei Poggi e dei loro consulenti e si sia completamente dimenticato di Chiara, come se la sua fidanzata, vittima di un brutale omicidio, non fosse mai esistita.
Alberto Stasi, consapevole di essere intercettato in quanto indagato, ha aperto molte delle sue conversazioni telefoniche prendendosi gioco degli inquirenti: “Buon giorno maresciallo, tutto bene?”, “Salutiamo i nostri tele ascoltatori”, “Cari amici vicini e lontani”, “Salutiamo il maresciallo”, altre volte ha parlato degli stessi in toni sdegnosi: “Lavorano un giorno alla settimana, è per questo che ci impiegano 60 giorni”. Il 7 giugno 2008, ha chiamato l’amica Serena durante un concerto di Vasco Rossi, finito lo show, ha telefonato all’amico Marco Panzarasa: “… prima si sentiva tutto lo stadio che cantava… E allora ho pensato, e adesso come fa il vicebrigadiere a trascrivere la telefonata?… (ride)“, e Panzarasa: “Io al tuo posto parlerei in inglese vecchio”, Alberto: “Guarda che io e la Sere ci mandiamo gli sms in inglese quasi sempre (ride)… In tedesco no, è eccessivo… Mi sa che hanno dovuto nominare un perito!”. Ancora, dopo gli insulti rivolti ad un magistrato sia a livello personale che professionale, così ha parlato dell’avvocato dei Poggi, Gianluigi Tizzoni e del consulente Marzio Capra: “Due esseri inqualificabili. Quel Capra poi… un rompiballe ed un presuntuoso. Crede di trovare quello che gli altri non sono capaci di trovare”. Infine, uno Stasi sicuro di farla franca, ha affermato: “L’indagine a mio carico verrà archiviata, ne sono certo”.
Alberto, nel tentativo di rimuovere, di esorcizzare un fatto che lo aveva visto protagonista, non ha mai citato la sua defunta fidanzata Chiara, non ha mai manifestato alcun dolore per la sua prematura scomparsa, né ha parlato delle possibili sofferenze patite dalla ragazza, non ha mai ricordato neanche un avvenimento relativo a lei o agli anni passati insieme, né si mai chiesto il perché di quell’omicidio. Stasi si è concentrato su se stesso e ha cercato di apparire come un capro espiatorio, un povero perseguitato, un nuovo Enzo Tortora. Il suo atteggiamento ha ricalcato quello di molti colpevoli che evitano anche solo di evocare il nome della propria vittima per evitare lo stress che gli produrrebbe.
Maristella Gabetta, l’amica e vicina di casa di Chiara ha commentato così: “Alberto non ha speso mai una parola in ricordo di Chiara, tanto meno quando si diceva navigasse su siti pornografici. Chiara non c’era più, non poteva difendersi e lui cosa ha detto per proteggere almeno il ricordo di quella che era la sua fidanzata? Nulla, niente di niente. Non l’ha difesa quando avrebbe dovuto, questo mi ha fatto molto male”.
Dalle intercettazioni è emerso un accanimento di Stasi nei confronti delle cugine di Chiara, le sorelle Kappa. Egli sperava che le indagini si indirizzassero verso di loro, ma sia la zia che le cugine, a differenza sua, avevano alibi marmorei. Il 20 novembre 2007, parlando con Marco Panzarasa di un servizio fotografico in uscita su un settimanale, ha detto: “Ma che cazzo vuole la Stefania Cappa?! Quella lì deve soltanto stare attenta che gli vengano a sequestrare le macchine, le biciclette, le stampelle. Sarebbe anche ora! Altro che la fotografia… Non mi parlare di quelle lì ché mi viene la pelle d’oca solo a pensarci. Mentre ad altri…”. L’amico: “… si è visto che su di loro non hanno fatto praticamente un cazzo “.E Stasi: “Sì, vanno lì, perquisizione, tre scontrini!… E quella è una perquisizione? Mi hanno detto che hanno beccato una delle due con la madre a rubare al Famila. Vi rendete conto con chi avete a che fare?… sono degli angeli di Garlasco… Non ho parole…”( la storia del furto al centro commerciale Familia, riferita da Alberto all’amico, è una menzogna ). Il 30 aprile 2008, ha riferito alla madre dei capelli, ritrovati sulla scena del crimine: “(… ) si! Cioè, quello con il bulbo era di Chiara!… E gli altri non si riesce a tirar fuori niente per il momento”. “Ho capito”, ha risposto Elisabetta Ligabò, e lui: “Vabbè, niente, peccato! Ah, però un capello sembra tinto!”. La madre: “(…) mm, speriamo! Lo controllano comunque?”. E lui: “Sì, sì e speriamo che sia di quella troia della Cappa! Speriamo che sia di quella troia della Cappa!”. La madre: “Eh, davvero! Va bene. OK”.
Pochi mesi dopo l’omicidio di Chiara, Alberto, dimentico del recente passato, si è mostrato a tutti come un uomo nuovo, capace di riaffacciarsi alla vita di relazione con l’altro sesso con l’entusiasmo di un ragazzino. Alberto ha flirtato contemporaneamente, attraverso sms, con due ragazze usando affettuosi nomignoli come: “Micino”, “Musino”, “Ciccina”, “Bel musino mio” e poi: “Gattino mio come stai senza di me?”, “Ciccina mia ci vediamo domani”.
Alberto Stasi, come hanno rivelato le intercettazioni, ha affidato il ricordo di Chiara all’oblio, come se la sua fidanzata non fosse mai esistita, come se non fosse mai stato commesso un omicidio. Egli ha cercato di allontanare il passato nel tentativo di tornare a vivere pienamente. Stasi ha guardato al futuro, le uscite con gli amici, la laurea, i nuovi flirts. Alberto ha desiderato da subito che si chiudesse quel fastidioso capitolo ma i legittimi sospetti su di lui, l’arresto ed i processi lo hanno costretto ad affrontarlo ed a rimandare. Stasi si è sempre mostrato insensibile nei confronti delle sofferenze patite da Chiara, indifferente al dolore provocato alla famiglia Poggi, a volte sprezzante ma fondamentalmente egocentrato e disinteressato a conoscere la verità sull’omicidio, verità alla quale, se egli avesse amato Chiara ma, ancor di più, se non fosse stato lui ad ucciderla e quindi ingiustamente indagato, avrebbe desiderato addivenire più di ogni altra cosa.
Alberto, nel tentativo di rimuovere lo spettro della povera Chiara, ha cercato di rimuovere un passato scomodo, carico di perversioni, menzogne, odio, violenza e sangue, un passato che si è trascinato però ineluttabilmente nel suo presente.
I familiari innocenti di vittime di omicidi, al contrario di Stasi, tendono a non rassegnarsi alla morte violenta di un proprio caro finchè non arrivano a conoscere la verità e ad avere giustizia.
Alberto Stasi, mosso dalla certezza di essere un abile manipolatore, in occasione della morte del proprio padre, avvenuta il giorno di Natale del 2013, a causa di una grave forma di leucemia, ha accusato gli inquirenti di aver provocato quella morte prematura. Egli ha tentato di usare la morte del padre per portare acqua al proprio mulino mostrando, anche in questo caso, una patologica assenza di empatia e di senso morale. Da un’intervista del febbraio 2014: “Io innocente, mio padre morto di dolore. Se n’è andato il giorno di Natale, ho passato la notte del 24 a guardare su uno schermo un numerino che segnava il suo battito cardiaco finchè è arrivato a zero. Mio padre ha cominciato a morire il giorno in cui la Cassazione ha deciso di riaprire questo processo. Io sono convinto che la malattia che l’ha portato via in pochi giorni sia legata a tutta la sofferenza e lo stress che ha vissuto in questi anni. Ci sono molti studi scientifici che collegano le malattie a situazioni che una persona ritiene ingiuste e lui era devastato psicologicamente dalle accuse contro di me. Sono assolutamente certo che tutto questo lo abbia fatto ammalare nel fisico oltre che nello spirito”.
La laurea di Alberto
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