COMO E CASERTA UNITI DALLA LAVORAZIONE DELLA SETA. OGGI LA PROIEZIONE DI UN DOCUFILM
Annibale Bologna. Caserta. “Brividi”: non e’ solo il titolo di un recente e noto brano musicale ma e’ il giusto termine per indicare le sensazioni determinati dalla visione del docu-film di Ico Parisi, designer siciliano di nascita ma trapiantato in tenera eta’ a Como
Si e’ trattato di un documentario girato dall’artista tra negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, finalizzato alla rappresentazione dell’attivita’ serica del comasco partendo dall’inizio della lavorazione attraverso l’allevamento del baco da seta sino alla commercializzazione del prodotto finito.
La ghiotta occasione culturale e’ stata frutto della sinergia determinatasi tra due importanti realta’ museali operanti in Italia: il museo della seta di Como, rappresentato dal Direttore Paolo Aquilini ed il museo della seta di San Leucio rappresentato dalla direttrice Ezia Cioffi.
Il direttore Aquilini, introducendo i lavori, ha da subito evidenziato l’importanza di una sinergica collaborazione , o meglio, di una vera e propria “rete”nazionale caratterizzante l’attivita’ dei musei della seta presenti sul territorio della Penisola, in opposizione a sterili antagonismi dai deleteri effetti.
Egli ha evidenziato come Como nasca quale Citta’ della lana e che soltanto molto tempo dopo, grazie ad interscambi con realta’ produttive del Veneto, della Campania e con la stessa Lione (in Francia) sia divenuta quel polo industriale noto in tutta Europa. Si e’ passati poi alla proiezione della pellicola (in rigoroso bianco e nero) alla presenza di un attento pubblico costituito, tra gli altri, da una nutritissima rappresentanza degli alunni del locale Istituto d’Arte.
Cosi’ anche i ragazzi hanno potuto verificare, dalle appassionanti immagini, come avveniva, nei primi decenni del secolo scorso la lavorazione della seta, attraverso scene rappresentanti uno spaccato storico riflettente,in modo davvero “forte”, il rapporto tra il territorio ed il lavoro umano dedito alla seta.Le prime immagini parlano da sole e rappresentano un lavoro, duro ma fatto con passione, attraverso l’inquadratura di visi di operai, stanchi ma fieri, che si occupano della raccolta del gelso.
Particolari importanti aiutano a rendere l’idea riferita all’inizio della lavorazione del prodotto, come le riprese di Ico Parisi, fatte in giornate assolate di donne rientranti dal lavoro e che abbracciano, nonostante la stanchezza, con gioia il propri figli.”Colpiscono” scene davvero forti ma vere come l’allevamento del baco con semplici ma efficaci mezzi. Cosi’ come “colpisce” il lento donarsi dei bachi al vitale ciclo della natura sino al momento in cui, con cura, vengono posati con delicatezza in capienti ceste per essere poi trasportati nello spazio dedicato alla loro pesatura.
I momenti successivi vengono ripresi, con sapienza, col massimo del realismo attraverso l’inquadratura della bollitura, della filatura,della stagionatura sino alle cd. prove riferite alla “torsione ” dei filati.
Davvero appassionanti risultano le immagini riferite alla lavorazione dei fili di seta che comportano la composizione delle “pezze” di stoffa che destano meraviglia in chi le osserva; come colpisce il lavoro svolto nelle tintorie ove vengono preparati i colori e svolte le correlate analisi chimiche riferite al prodotto.
Immagini davvero uniche sono quelle riferite all’asciugatura dei preziosi filati a cui fa seguito lo stampaggio manuale con l’ausilio delle prime macchine idonee all’uso.
Il docu-film termina con la visione delle cd “pezze” che vengono piegate e pesate per poi essere trasportate presso la sala della “campionatura” prima di essere pronte alla vendita in loco in attrezzate ed idonee aree.
A conclusione dell’interessantissimo docu-film, la responsabile del locale Museo, d.ssa Cioffi, ha introdotto la scrittrice Fosca Pizzaroni autrice di un testo in cui ella ha cercato di dare voce agli operai di San Leucio assunti tra gli anni ’50 del secolo scorso ed i primi anni del 2000, costituenti si’ generazioni diverse, ma tutte fiere di aver dato vita ad opere d’arte vere e proprie:per tutte, la scrittrice ha ricordato al stola papale indossata da Giovanni Paolo II all’apertura, in Roma, della Porta Santa.
Originale e’ stato il finale con cui la Pizzaroni ha descritto San Leucio: “una fabbrica diffusa in un Borgo in cui non vi erano, di fatto,padroni ed operai ma solo la coscienza di far parte, tutti, di una grande famiglia”.
Il folto pubblico presente e’ stato congedato con gli interessanti interventi di Gustavo De Negri, locale e valente serico in attivita’ e dell’assessore Annamaria Sadutto, presente in rappresentanza del Comune di Caserta.
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