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LA CUCINA ITALIANA PROPOSTA ALL’UNESCO, INTERVISTA AL PROF. ANTONIO MALORNI GIA’ C.N.R

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Lo scorso 23 marzo 2023 il Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, On. Francesco Lollobrigida, di concerto con il Ministro della Cultura, On. Gennaro Sangiuliano, per conto del Governo italiano, presieduto dall’On. Giorgia Meloni, hanno comunicato ufficialmente che il Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana Unesco ha approvato la candidatura de “La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale”, quale Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Dal comunicato stampa ministeriale apprendiamo che tale candidatura, sostenuta dal Comitato scientifico preseduto dal professore Massimo Montanari, è stata promossa da tre comunità:

–   l’Accademia italiana della Cucina, Istituzione culturale della Repubblica, fondata nel 1953, che ha oltre 80 sedi all’estero, 220 in Italia e più di 7.500 accademici associati ed è attualmente presieduta da Paolo Petroni;

–   la Fondazione Casa Artusi, fondata nel 2007 per promuovere “la cucina di casa italiana” come declinata da Pellegrino Artusi sin dalla seconda metà dell’Ottocento, e attualmente presieduta da Laila Tentoni;

–   La Cucina Italiana, fondata nel 1929, la più antica rivista gastronomica al mondo ancora in edicola ed attualmente diretta da Maddalena Fossati.

Si cerca di fare il bis con il riconoscimento del 2017 dell’UNESCO all’“arte del pizzaiuolo napoletano”, votata all’epoca all’unanimità dal consiglio dell’Unesco riunito a Jeju, nella Corea del Sud, benché tra i 24 commissari presenti solo due fossero europei, uno cipriota e l’altro austriaco. Ma la “pizza” in sé stessa è un’altra cosa e da lungo tempo il suo nome è conosciuto in tutto il mondo, dove si sfornano ogni giorno milioni di pizze, che però non sono tutte fatte con l’“arte del pizzaiuolo napoletano” che, invece, ha avuto il riconoscimento.Tra le 220 sedi in Italia dell’Accademia italiana della Cucina c’è anche quella di Caserta, ricostituita nel 2017 ad opera del Prof. Comm. Antonio Malorni, nome ben noto ai nostri lettori per la sua posizione di rilievo internazionale nel campo della ricerca scientifica. Ci siamo rivolti a lui con poche domande per avere qualche chiarimento su questa iniziativa.

  • Professore Malorni, lei come ha accolto questa notizia?

«Di sicuro è una sfida storica per la cultura gastronomica, e non solo del nostro Paese, quella di richiedere questo riconoscimento, che tocca tutti noi Italiani molto personalmente perché parlare di cucina italiana in maniera generale significa parlare di un patrimonio culturale, che parte dalla cosiddetta cultura materiale, che annovera saperi e strumenti tramandati di generazione in generazione, per arrivare all’arte nelle sue varie espressioni e anche alla letteratura, come ci ha mostrato l’interessante libro pubblicato da Costantino Massaro, dal titolo “Il sapore dello scrittore”, che abbiamo presentato a Caserta, come Delegazione dell’Accademia Italiano della cucina lo scorso 15 giugno. Quindi ho accolto la notizia con molto interesse e sono curioso di come l’UNESCO si esprimerà il prossimo 2025, quando la proposta sarà messa in agenda».

– Professore, ma per lei c’è una cucina italiana? Normalmente si parla di cucina napoletana, romana, siciliana, molisana, toscana, ecc. È difficile oggi sentir parlare di cucina italiana?

«Credo che come cucina italiana dobbiamo intendere l’insieme di tutte le gastronomie tradizionali locali, proprio quelle che la nostra Accademia italiana della cucina cerca di salvaguardare, nel contesto però generale delle tradizioni della cucina italiana. Per questo motivo l’Accademia è strutturata in Delegazioni territoriali impegnate in uno stringente lavoro di riscoperta e di valorizzazione di tradizioni e saperi gastronomici legati al territorio. I nostri cugini d’oltralpe alcuni decenni or sono per caratterizzare la provenienza di un vino coniarono il termine “terroir” per definirlo come autentica espressione di un certo territorio. Poi nel tempo si è visto che quello del “terroir” non è un concetto statico e immobile, ma in continua evoluzione e in perenne movimento. Così dovremmo intendere anche il concetto di cucina italiana, perché nel corso della nostra storia c’è stato uno scambio continuo tra i piatti tipici di un territorio, per cui le ricette di molti piatti italiani, conosciute una volta solo nei luoghi di provenienza, nel tempo sono diventate comuni in tutto il Paese. Il primo, grande tentativo di arrivare alla codificazione di una cucina italiana fu fatto da Pellegrino Artusi, che con il suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, affidò alla letteratura il compito di dare vita ad una cucina dell’Italia Unita».

– Quindi come Delegazione di Caserta vi sentite coinvolti in qualche modo?

«Certo, questa candidatura impegna ulteriormente anche la giovane Delegazione di dell’Accademia Italiana della Cucina, che si sta adoperando fin dal suo nascere per la riscoperta e la valorizzazione di tutte le tradizioni gastronomiche e dei prodotti tipici dimenticati del nostro vasto territorio di una parte della antica Terra di Lavoro. Recentemente è stato avviato uno studio che ha portato, ad esempio, alla riscoperta dalla ciliegia imperiale di Caserta, misconosciuta sui mercati ma ben nota ai vivaisti, la cui storia viene da molto lontano, probabilmente da Lucullo, e che racconteremo in una pubblicazione in preparazione della quale, se vuole, posso mostrarle la copertina.Perciò, sentendomi coinvolto da questa candidatura insieme alle Accademiche e Accademici di Caserta, il nostro augurio è che essa arrivi in porto, perché il suo successo sarà uno stimolo maggiore a potenziare le nostre ricerche».

– Grazie, professore Malorni, in chiusura di questa intervista può dirci come è strutturata la Delegazione da lei rifondata?

«Certo, con molto piacere. La Delegazione di Caserta dell’Accademia Italiana della Cucina è attualmente composta, oltre che da me stesso, da: Vincenzo De Rosa e Stefano Malorni, vice-Delegati; Paola Piombino, Consultore Segretaria; Pietro De Pascale, Consultore Tesoriere; Edoardo Filippone e Mario Sanza, Consultori; don Nicola Lombardi, Cappellano; Carmela Ingicco, Tullio Labella, Elisa Meo, Enrico Milani, Anna Napolitano, Raffaele Sacchi e Francesco Zaccaria, Accademici. Poi abbiamo in corso di valutazione la candidatura ad Accademico di Aniello Loffredo. Per la vastità della Provincia avremmo bisogno di più Accademici sparsi su tutto il territorio. È un obiettivo che mi prefiggo di raggiungere gradualmente. Devo anche dire che, però, che ci sono state altre persone che hanno contribuito alla rifondazione e alla crescita della Delegazione, ma che poi per vari motivi hanno dovuto lasciarci. Mi fa piacere ricordare seguenti ex-Accademici: Antonella Basilone, Roberto Civitella, Bennardina Evangelista, Teresa Maiello, Mariacarmela Mastropietro, Stefania Modestino e Maria Lia Vella.

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