MEDICINA- NUOVE PROSPETTIVE SU CAUSA E CURA DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE
*Antonio Malorni. Secondo recenti studi alcuni specifici batteri intestinali sono coinvolti nella insorgenza della Fibrillazione atriale (FA) e l’analisi del Microbiota intestinale potrebbe favorire sia la diagnosi sia il trattamento adeguato a curarne la causa. Come è noto la FA è un frequente disturbo del ritmo cardiaco che, in circa la metà dei casi, può essere associata ai classici fattori di rischio cardiovascolare per i quali, però, sono stati recentemente evidenziati forti connessioni al microbiota intestinale e, di conseguenza, alle abitudini alimentari. Benché non sia ancora noto nel dettaglio in che misura il microbiota influenzi il rischio e l’insorgenza della FA, recenti studi stanno aprendo nuovi paradigmi che promettono di rivoluzionare la diagnosi e la cura di questa patologia cardiaca.Infatti, in un recente studio (https://doi.org/10.1016/j.ebiom.2023.104583) pubblicato lo scorso 27 aprile 2023 sulla prestigiosa rivista Lancet, Joonatan Palmu dell’Istituto finlandese per la Salute e il Benessere di Helsinki, Christin S. Börschel del Centro centro-vascolare del Dipartimento di Cardiologia dell’Università di Amburgo e Renate B. Schnabel del Centro tedesco per la ricerca
cardiovascolare (DZHK) di Amburgo, coadiuvati da un team internazionale di colleghi delle più prestigiose università americane, australiane e europee, hanno riportato i risultati, ottenuti su una un’ampia e consolidata coorte di popolazione, dell’analisi del microbioma intestinale eseguita mediante il sequenziamento dell’intero genoma, dai quali si osservano associazioni tra la FA e il microbioma intestinale, in particolare con i generi Enorma (una delle famiglie correlate allo scompenso cardiaco), Bifidobacterium e Eisenbergiella.Prima di continuare devo tranquillizzare il lettore per i due termini che forse ha letto per la prima volta: microbiota e microbioma. Il termine “microbiota” si riferisce a una popolazione di microrganismi che colonizza un determinato luogo, quindi “microbiota intestinale” è l’insieme di tutti i microrganismi presenti nell’intestino. Il termine “microbioma”, invece, indica la totalità del patrimonio genetico posseduto da un microbiota, cioè indica tutti i geni che quest’ultimo è in grado di esprimere. Sono due termini, quindi, che indicano cose diverse, anche se spesso sono usati erroneamente o per ignoranza come sinonimi, pur non essendolo.
Con questo studio i ricercatori, analizzando i campioni di feci di una popolazione di ben 6763 individui, hanno trovato che la FA è associata alla presenza nel microbioma di diversi generi microbici e che la composizione batterica è in questi casi simile a quella osservata nel caso dell’ipertensione e della insufficienza cardiaca, evidenziando una fisiopatologia sottostante condivisa. Ciò significa che il microbiota nei pazienti affetti da FA è diverso da quella degli individui non affetti da questa patologia e, poiché un certo numero di generi e specie differiscono in termini di abbondanza, emerge immediatamente da questo studio l’utilità di ottenere il profilo del microbioma per prevedere il rischio di FA. In dettaglio, per la FA sono state rilevate associazioni positive con Eisenbergiella, Enorma, Enterobacter e Kluyvera e negative con Bacteroides, Bifidobacterium, Holdemanella, Parabacteroides e Turicibacter per cui l’abbondanza di specifici generi potrebbe consentire di identificare gli individui sia già affetti da FA sia predisposti a svilupparla.
Dai risultati è anche emerso che il profilo del microbioma cambia con l’evolvere della malattia e in concomitanza di altre patologia, come l’insufficienza cardiaca e la malattia coronarica. Per esempio, nei pazienti con scompenso cardiaco, il genere Bifidobacterium è assente, mentre il genere Eisenbergiella è più abbondante nei soggetti normotesi rispetto agli ipertesi.
Le persone arruolate in questo studio lungo e complesso sono state oggetto di un follow-up di circa 15 anni, durante i quali non sono state osservate modifiche significative ai profili dei microbiomi dei singoli soggetti partecipanti, il che depone a favore della certezza del metodo. Ma poiché sul microbiota si può intervenire rimodulando lo stile di vita, gli stessi autori suggeriscono che il monitoraggio della composizione del microbioma intestinale potrebbe aiutare a sviluppare interventi sulla gestione nei pazienti con FA e che in futuro la modulazione del microbioma e del metabolismo intestinale, grazie all’impiego di adatti probiotici e di una controllata alimentazione, potrebbe rappresentare un nuovo approccio per la prevenzione della FA.
*Prof. Antonio Malorni è stato direttore dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione e Componente del Consiglio Direttivo del Comitato Nazionale di Consulenza per le Biotecnologie e Biologia Molecolare del CNR.
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