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GIULIA E’ MORTA, SPERIAMO NON INVANO

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Angela Giordano|Ci sono notizie che non si vorrebbero dare e vicende che sono pugni allo stomaco: l’assassinio di Giulia riguarda tutti noi, è nostra figlia, sorella, amica, vicina di casa, compagna di scuola. Giulia è l’ennesima vittima di una cultura tossica e patriarcale che vede la donna esposta alla più efferata violenza, solo in quanto donna. E’ una questione questa che travalica i confini di regione e le logiche, si tratta di civiltà, di comprendere che questa  è una emergenza sociale crescente, in ogni territorio cui bisogna decidere finalmente di porre rimedio con iniziative concrete che vadano oltre lo sdegno delle prime ore. In Italia, una donna ogni tre giorni muore per mano di un uomo, spesso per mano di chi si fidava, di chi diceva di amarla. E’ una questione culturale, sistemica. Se un ragazzo pensa che la fidanzata sia roba sua, se non accetta un “ No” come risposta,è un problema che riguarda tutta la società perché “queste convinzioni producono morte”. Bisogna intervenire sull’Educazione Sentimentale, sin dalla tenera età, altrimenti non ne usciremo e Giulia non sarà l’ultima. E’ compito della Stampa dare dei fatti una narrazione non “edulcorata”, è inaccettabile leggere una notizia simile, di una ragazza ammazzata a coltellate alla testa e al collo, e poi scaraventata giù da un dirupo, accompagnata  da fotografie dei due ragazzi abbracciati e sorridenti, o  da dichiarazioni del legale del ragazzo che offendono la memoria di Giulia e di tutti noi: “le faceva i biscotti, l’amava, è stata una tragica fatalità”.  E’ inaccettabile. Questa narrazione favorisce la nascita e lo sviluppo del mostro, che non è un pazzo, è un lucido assassino che ha strappato via il futuro ad una ragazza che aveva stretto i denti per laurearsi, dopo la morte della madre, pochi mesi prima. Questa è la grande responsabilità che dobbiamo assumere oggi, davanti all’ennesimo femminicidio, per Giulia, per le altre, evitare che il lessico favorisca il patriarcato: “l’ha lasciato e lui l’ha uccisa”, crea immediatamente un nesso causale, se non l’avesse lasciato, non sarebbe morta? La narrazione dei fatti ha la sua responsabilità, ce lo ricordava la scrittrice Michela Murgia, pochi mesi fa. Ecco perché giornalisti, opinionisti, scrittori, tutti noi, abbiamo la responsabilità delle nostre parole  e di sceglierle bene, lasciando che veicolino messaggi di rispetto del corpo e della vita della donna, perché solo cominciando ad educare sentimentalmente, quotidianamente,  potremmo arrivare a non dover passare sulle pagine del nostro giornale, notizie di stupri, violenze, femminicidi.

 

 

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