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IL BACIO IN CAMPANIA DALL’EVO ANTICO AI GIORNI NOSTRI

 

Rosario Di Lello| In precedenti articoli della rubrica s’è detto anche di maldicenze, di orchi, di maledizioni, di streghe e di torture, qui di seguito, invece, si dirà del bacio, non nelle implicazioni scientifiche e sanitarie, perché esulano dalle finalità del tema; non nella tipologia ordinaria, in quanto ai nostri giorni se ne conosce, già in età giovanile, ogni particolare, almeno in teoria; non nelle molteplici preferenze occasionali, poiché del tutto individuali, improvvisate e momentanee. Alla luce di alcuni esempi si farà riferimento alla storia del bacio comunemente inteso, dall’Evo Antico.

Nell’Evo Antico era usuale al tempo dei Sanniti e lo fu ancora dopo la romanizzazione del territorio, come tra l’altro dimostrano gli affreschi che, rinvenuti nella Pompei di quell’epoca, raffigurano Polifemo e Galatea o altre coppie di uomo e donna in amplesso erotico.

E non è tutto: nel corso di quei lontanissimi anni, il bacio, considerato manifestazione d’affetto, se passionale veniva definito basium e costituì pure oggetto di letteratura, sicché, usando singolari modi di dire, ne scrissero  Plauto (250-184) col coprire di baci, col chiedere un bacio e con lo stampare un bacio, Cicerone (106-43) col dare baci, Tacito (55.120) col bacetto e col gettar baci con la mano, in segno di ossequio, Petronio (27-66) col coprire di baci e  col dare un bacio. (1)

Allo stato della ricerca non è dato sapere se il bacio abbia fatto parte di composizioni musicali; di certo, nel carme Viviamo Lesbia mia, il poeta Catullo (84-64.) voleva che l’amata, condividendo la passione, gli desse “mille baci e poi cento” e quindi altri ancora, a migliaia, a centinaia, “fino a confondere le migliaia”, perché nessuno portasse male nel sapere il numero dei loro baci.

Nell’interpretazione dei sogni, Artemidoro (120?-192?) sostenne che il vedere moglie, figli e parenti che ci baciano “significa che le cose di quelli che ci sono assai cari non sono sicure”. (2)

Durante il Medio Evo, con la diffusione del cristianesimo  e la conoscenza dei Vangeli,  anche la gente del luogo venne a sapere, del bacio di Giuda traditore (3) e un affresco mirabile, dell’XI secolo, riproducente Il bacio di Giuda, lo si può tuttora ammirare  nella basilica di Sant’Angelo in Formis (CE).  La gente conobbe anche il significato dell’ addormentarsi nel bacio del Signore.

È verosimile che del bacio si siano occupati, in loro composizioni profane, trovatori, trovieri e minnesanger,  più semplicemente poeti-musicisti, presso le corti del Regno di Napoli; vanno ricordati per il XIII secolo, rispettivamente, Walther von Eschenbach, al quale l’imperatore Federico II di Svevia donò un feudo, e Adam de la Halle, detto Il Gobbo, il quale soggiornò a Napoli nella reggia di Carlo d’Angiò e morì nel mezzogiorno d’Italia. (4)

   Sempre alla detta opera di Artemidoro,  giunta in Italia in codici diversi nel ‘400 e tradotta in altre edizioni nei secoli successivi, (5) è possibile rimandare l’oniromanzia del bacio nel Medio Evo e in seguito.

Nell’Età Moderna, il Bacio compare in dialetto, “Vaso” –sempre dal latino, basium –, sotto diverse espressioni quali, ad es., “Vaso a pezzechillo”, bacio alla francese, “Vaso de Giuda”, bacio da traditore, Azzeccare nu vaso”, appiccare un bacio –come in Plauto– “Magnarse uno de vase”, mangiarselo di baci. (6)

Per la letteratura, non poche sono le composizioni che il napoletano Giovan Battista Marino (1569-1625), considerato il massimo esponente della poesia barocca, intitolò al bacio. (7)  Giulio Cesare Cortese (ca.1575-1627), “Si può dire che nasce con lui la poesia napoletana”, si rivolge in dialetto, a “Le sdamme sciorentine”, alle dame fiorentine, con: “Vasove le mano”, vi bacio le mani. (8) Ettore De Mura, poeta del ‘900, descrive, in “E’ na mamma! ”, il comportamento di una giovane che, madre di un primo figlio, ancorché “scuncigliu” lo guarda e dice: “Gioia, ma quanto si’ bellillo !”, attratta ed incantata, ma nel timore di fargli male non lo tocca ”E ‘o porta lieggio lieggio e ‘o vasa, ‘o chiamma  / e lle ridono ll’ uocchie … È naturale:/ essa è ‘na mamma!”. (9)

Per quanto concerne la prosa tra la fine dell’ ‘800 e il secolo successivo, Matilde Serao ha narrato nella leggenda “Partenope”, a proposito dell’idillio antico tra la bellissima fanciulla greca e  Cimone: “nella lucida alba di primavera, hanno raccolto, nel loro splendido giardino, fiori e baci, baci e fiori, inesauribili”; nella “Barchetta fantasma”, ha raccontato di Tecla, la bella: “il suo volto era di quel candore caldo e vivo, che diventa cereo sotto i baci”. (10)

Circa l’arte musicale, il bacio compare non di rado nella canzone napoletana e, tra le altre, nelle più che note e stupende: “Lu cardillu”, di E. Del Prete – P. Labriola (1849), “La cammesella”, di L . Stellato- F. Melber (1875),  “Lariulà”,  di S. Di Giacomo- P. M. Costa (1888), “’E spingole  francese”, di S. Di Giacomo-E De Leva (1888), “I’ te vurria vasà!”, Di V. Russo-E Di Capua (1900), “’A vucchella”, di G. D’Annunzio- F.P. Tosti (1903), “Torna a Surriento”, Di G.B. De Curtis-E. de Curtis, (1904), “I’ m’arricordo ’e te”, di G.B. De Curtis-E. de Curtis (1911), “Quanno tramonta ’o sole”, di F. Russo-S. Gambardella (1911) –nella quale il poeta, così come Catullo, immagina di dare baci all’amata, “a mille a mille” –, “’O surdato ‘nnammurato”, di A. Califano-E. Cannio (1915),”Reginella”, di L. Bovio-G. Lama (1917).

Nell’arte figurativa, emblematici possono essere considerati un carboncino, “Venere con Amore”,  di Michelangelo Buonarroti  (1519-1597) e un dipinto della seconda metà del ‘600:”Lussuria”, di Jaques De Bacher, custoditi nel Museo di Capodimonte a Napoli.

Il bacio non manca nella interpretazione dei sogni: di solito non è buon segno, per differenti ragioni; in più –così come in Artemidoro– “baciare un parente indica danno”. (S.A., L’interpretazione dei sogni, s. l, L. Panella ed., s.d., p. 35.) Quando il Gioco del Lotto raggiunse Napoli nel 1682, i Campani vi notarono che al bacio competeva il numero 75; (11) in un testo più recente e perciò aggiornato, di 770 pagine, vengono assegnati, a Bacio-baci, il n. 55 e altri undici numeri differenti ad altrettante varianti; alle varianti di Baciare, vengono attributi ben trenta diversi numeri. (12)

In conclusione, da quanto è stato scritto, il bacio risulta un attestato di vita, di storia e di arte, in genere, nonché, nello specifico, di riverenza, di devozione, di affetto e di passione, compiuto in tante maniere, comunque  in se stesse innocue, in particolare sotto l’ultimo aspetto. Non a caso, infatti, la saggezza popolare, frutto di millenaria esperienza, sentenzia, come tutti sanno: “Pizzeche e vase nun fanno pertose”; ma non a tutti è noto che, utile anche da un punto di vista pratico, il detto completo è : “Pizzeche e vase nun fanno pertose e maniate ‘e zizze nun  fannu criature”. (13)

__________

1- Cfr. O. Badellino, Dizionario Italiano-Latino, Torino, Rosemberg & Sellier,1962-1967, col 249. 2- Cfr. Artemidoro di Daldi, Dell’interpretazione de’ sogni, introduzione di Cesare Musatti, Milano, BUR,  I, XXXI, p. 57. 3- Cfr. Mt, 26, 47-50. Mc, 14, 43-45, Lc, 22, 47-48. 4- Cfr. pure Germana Schiassi, Trovieri e Minnesanger, in www.oilproject.org / lezione trovieri / trovieri-e-minnesanger-20309-html e Augusto Mastrantoni, Jongleurs et Ménestrels, in www.jongleurs.it / trombadours-et-trouveres.html 5- C. Musatti, cit., p. 6. 6- Raffaele Andreoli, Vocabolario Napoletano-Italiano, Torino, 1887-Napoli,  Di Fraia, 1993, p. 451. 7- Cfr. Benedetto Croce, a c.d., Giovan Battista Marino, Poesie varie, Bari, Laterza, 1913, pass. 8- Cfr. Ettore De Mura, Poeti napoletani, dal Seicento ad oggi, Napoli, Marotta, 1966, p. 12.  9- Id., Serenata a Napule, Napoli, Bideri, 1968, p. 33. 10- M. Serao, Leggende Napoletane, Napoli, Zaccaria, 1994, pp. 3-14; pp. 59-70. 11- Cfr. Il mezzo più sicuro per vincere al Lotto[…]di Roma e Napoli opera di Fortunato Indovino e di Albumazar, Loreto, Sartori MDCCLXXVI, pp. 11 e 96. 12- Cfr. Antica Smorfia Napoletana, volume scompaginato a cagione dell’uso e consultato nella ricevitoria del Lotto in Porta Vallata, a Piedimonte Matese, il 27-4-2018. 13- Vittorio Gleijeses, I Proverbi di Napoli, Napoli, SEN, 1978, p. 316.

 

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