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OSPEDALE, MALORNI UN APPELLO ALL’ASL CASERTA

Riceviamo e integralmente pubblichiamo, un appello  indirizzato ai vertici dell’Asl Caserta, da parte del noto scienziato, già responsabile del CNR, prof. Antonio Malorni con radici dell’alto casertano e con a cuore le sorti della sanità matesina.

 

*Antonio Malorni|Un evento traumatico, la caduta accidentale di mia moglie nella nostra casa di Raviscanina, dove eravamo appena arrivati per il solito mese di vacanze estive, mi ha riportato, dopo molti anni, all’Ospedale civile AGP di Piedimonte Matese, dalle prime ore del primo agosto scorso alla tarda serata del giorno di San Lorenzo. L’esperienza fatta in questi dieci giorni mi consente di poter esprimere alcune valutazioni su questo importante istituto ospedaliero dell’Alto Casertano non per voler aggiungere la mia a tutte le esternazioni già fatte in precedenza ma per adempiere al dovere che sento mi competa come intellettuale, un intellettuale credibile la cui parola è garantita sia dalla sua vita sia dal suo stile di vita. Gli intellettuali, infatti, hanno nella società un ruolo che prevede anche di tenere desta la coscienza critica della società stessa, cosa molto difficile oggi quando tutto avviene per frasi fatte e slogan coniati a fini di propaganda politica o a più miserabili fini clientelari.

Arrivando in Pronto Soccorso la mattina molto presto mi è sembrato che tutto funzionasse molto bene. In pochi minuti la paziente, molto sofferente, è stata visitata e sottoposta alle indagini radiografiche, che hanno permesso di visualizzare in dettaglio la sua frattura. E qui l’incanto si è incrinato: non c’erano posti per un ricovero in Ortopedia. Comunque era necessaria una consulenza ortopedica, anche per bloccare l’arto fratturato, che sicuramente necessitava di un intervento chirurgico. Trasferita la paziente con la sedia a rotelle nel reparto ortopedico, che è sito proprio di fronte al Pronto Soccorso al piano terra, siamo stati parcheggiati in “sala gessi”. Abbiamo avuto l’impressione, mia moglie ed io, di essere capitati bene anche perché quest’ala dell’ospedale e tutta climatizzata e il tempo dell’attesa non è stato reso più grave dalla calura che si stava levando con l’avanzare delle ore. L’arto è stato rapidamente immobilizzato, ci è stato spiegato chiaramente dall’ortopedico di turno che per quel tipo di frattura occorreva un intervento chirurgico con l’applicazione di un chiodo endomidollare e viti di titanio, da rimuovere dopo un anno, e siamo stati pregati di pazientare perché avrebbero fatto il possibile per trovare un posto per il ricovero. Verso le 15, dopo molte ore di sosta in “sala gessi”, mia moglie è stata finalmente ricoverata e a questo punto abbiamo appreso che non sarebbe stato possibile operarla subito non tanto per affollamento delle liste operatorie quanto per la mancanza dello “strumentario”. In pratica bisognava ordinare il chiodo e le viti necessari per l’intervento e insieme ad essi sarebbe arrivato anche lo strumentario per inserirli adeguatamente nell’osso fratturato. L’ortopedico, che ci ha spiegato tutto questo, era palesemente contrariato da questa prassi che certamente non ottimizza il suo lavoro e aumenta inutilmente i giorni di degenza. Mi sono chiesto quante migliaia o decine di migliaia di euro potesse costare questo strumentario e perché l’ospedale non ne fosse provvisto. Il fatto è che questa carenza di attrezzatura ospedaliera ha reso necessario un ricovero preoperatorio di cinque giorni e un ricovero post operatorio di solo quattro giorni. E questo in un periodo di massimo affollamento di pazienti traumatizzati, provenienti non solo dall’Alto Casertano matesino, sottraendo posti ai ricoveri.

Ho potuto, in questi giorni, constatare turni massacranti per il personale medico, che è evidentemente numericamente inadeguato così come il personale infermieristico nei reparti. A questo proposito mi è stato riferito fuori dall’ospedale che in effetti una parte del personale infermieristico viene utilizzata impropriamente negli uffici amministrativi e non solo e questo utilizzo improprio del personale infermieristico acuisce il disagio nei reparti. Non so bene cosa facciano negli uffici ma evidentemente non lo fanno al meglio.Mi pare che l’Ospedale Civile AGP di Piedimonte Matese abbia molti numeri per essere un vero gioiello dell’assistenza ospedaliera casertana ma sia privo di quell’attenzione dei vertici della Sanità regionale e dell’ASL di competenza, nonché di quella della puntuale dirigenza locale, che sono le sole, alla fine, a creare la differenza.Concludo questa mia testimonianza congratulandomi con il personale medico, paramedico e amministrativo che svolge al meglio il suo lavoro, mantenendo, comunque, l’Ospedale in funzione con risultati più che accettabili. Nel contempo voglio lanciare un appello a quella parte del personale che, seppure minoritaria, non facendo adeguatamente il proprio lavoro, danneggia una istituzione che dovrebbe difendere principalmente nel proprio diretto interesse. E mi appello, soprattutto, alla dirigenza ospedaliera perché trovi metodi di gestione meno burocratici ma efficaci e tempestivi, con controlli rigorosi sui fornitori di servizi i quali, in mancanza dell’occhio vigile del “padrone”, finiscono sempre con il lasciarsi andare a prestazioni sempre più scadenti. Mi appello, inoltre, alle autorità politiche preposte alla Sanità affinché adottino sistemi di conteggio della spesa che tenga conto anche di ciò che non è direttamente palese, come, nel caso dell’esperienza riportata, i giorni di degenza in più per una carenza tecnica che, se eliminata “una tantum”, sarebbe ripagata accorciando per sempre i tempi e, quindi, i costi di degenza. Infine, mi appello alla Comunità matesina perché sappia difendere il suo diritto alla salute sostenendo l’ospedale ma non facendo di tutta l’erba un fascio bensì aiutando chi di dovere a “separare il grano dal loglio”. Ci sono settori, come l’istruzione e la sanità nei quali non possono essere tollerate ignoranza, strafottenza e parassitismo.

* Prof. Antonio Malorni, già Direttore dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR di Avellino.

 

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