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LA DELEGAZIONE DI CASERTA DELL’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA FESTEGGIA IL SUO 2°  COMPLEANNO E IL 4° ANNIVERSARIO DELL’ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO “ LAUDATO SI’ ”

Riceviamo e integralmente  pubblichiamo volentieri una riflessione  del Prof. Antonio Malorni .

CASERTA. Si riunisce stasera, 24 maggio 2019, presso il ristorante Sunrise di Caserta, la Delegazione di Caserta dell’Accademia Italiana della Cucina, Istituzione culturale della Repubblica Italiana, fondata nel 1953 da Orio Vergani, per celebrare il suo secondo anno di attività e per ricordare la pubblicazione della seconda Enciclica di Papa Francesco dal titolo Laudato si’.Alla cena conviviale parteciperanno anche gli accademici della Delegazione di Parigi, la dott. Mariella Giannetti, che ne è anche vice delegata, e il dott. Paul Haskell, che ne è consultore. Il Simposiarca della serata è l’ing. Edoardo Filippone mentre il  relatore è l’Accademico don Nicola Lombardi.

CONOSCENZA E RELAZIONE

Riflessione nel quarto anniversario della pubblicazione dell’enciclica di papa Francesco “ Laudato si’ ”

La storia vuole che nel XVIII secolo il nobile inglese Sir John Montagu, IV conte di Sandwich, per non interrompere il suo impegno sia al tavolo della carte da gioco sia sul campo di golf, si facesse servire dei piatti freddi per mangiare, pur continuando a giocare. Il suo cuoco, per accontentare le richieste del padrone, si specializzò nella preparazione di una sorta di “panini”, preparati con un pane di impasto molto morbido e originariamente farciti con fette di roast-beef. Questi panini divennero rapidamente molto popolari in tutto il mondo e furono chiamati sandwich, inizialmente anche in Italia.Dal libro di Costantino Massaro, “La poetica della pancia”, che la Delegazione di Caserta dell’Accademia Italiana della Cucina ha presentato da “La Feltrinelli” lo scorso 12 aprile, personalmente ho appreso che Gabriele D’Annunzio, oltre ad essere un grande poeta, scrittore e drammaturgo, fu un anche un linguista dall’innata creatività. Infatti, egli inventò neologismi, marchi e vocaboli, che poi sono entrati a far parte della nostra lingua quotidiana, per cui milioni di italiani citano quotidianamente ancora oggi il Vate senza nemmeno rendersene conto. Uno di questi termini è “tramezzino” coniato proprio per sostituire la parola inglese sandwich. D’Annunzio utilizzò il diminutivo di tramezzo, cioè tramezzino, per sottolineare che normalmente esso è uno spuntino o una merenda a metà strada tra i pasti.Di tramezzini se ne possono confezionare una varietà pressoché infinita ma, per l’obiettivo che mi propongo in questa occasione, immaginiamo quelli che potremmo preparare utilizzando due fette di pane diverse, ad esempio una di pane bianco e una di pane di segala, da farcire secondo i nostri più personali gusti. Questi tramezzini rappresentano una metafora che ora cercherò di rendere evidente. Oggi si parla ancora in maniera inopportuna delle due culture, quella scientifica e quella umanistica. In base a questa visione di separatezza le scienze umane, e in particolare la filosofia e la teologia, non possono entrare in conflitto con le scienze naturali, e in particolare con le scienze evoluzionistiche dalle quali esse derivano, perché sono due campi dell’umano sapere che si muovono in ambiti completamente separati. E da un certo punto di vista ciò sarebbe comprensibile perché anche le due diverse fette di pane, quello bianco e quello di segala, del nostro tramezzino restano separate dalla farcitura, che nella nostra metafora potrebbe rappresentare il credo religioso di ciascuno di noi. Ma questa separatezza resta tale solo se il tramezzino rimane in mostra su un vassoio. Nel momento in cui qualcuno lo prende, lo addenta e lo inizia a masticare, questa separatezza scompare. I due tipi di pane diventano un solo bolo alimentare nella bocca di chi lo sta masticando e il loro sapore diviene unico e viene ulteriormente modificato da quello della farcitura.Da questa metafora si comprende come non sia proprio corretta, quindi, la posizione di chi sostiene che i mestieri dei filosofi e degli scienziati siano separati come le due fette di pane del tramezzino. Il filosofo, infatti, fa il suo mestiere, che implica quello di dire quali sono le domande fondamentali dell’uomo, e lo scienziato il suo dove, per definizione, quelle domande non hanno posto. Ma il tramezzino viene morso, masticato e deglutito per cui niente può impedire ad uno scienziato che indaga la natura di essere mosso dal desiderio di rispondere anche alle domande fondamentali: non solo chi sono, da dove vengo, dove vado, ma anche da dove viene e dove va la specie umana e, più in generale, da dove vengono e dove vanno gli organismi viventi e il pianeta intero e l’Universo. Viceversa, niente può impedire al filosofo di allargare la sua indagine sulle domande fondamentali partendo dalle ultime conquiste della scienza della natura. Non si può continuare a pensare che gli scienziati che praticano le scienze naturali, certamente materialiste dal punto di vista metodologico, possano ancora arrestarsi sul confine dove inizia la riflessione filosofica e viceversa: bisogna però che questi «sconfinamenti» siano espressamente dichiarati, condotti con il necessario rigore e, infine, continuamente verificati alla luce del progredire delle conoscenze, dichiarando sempre preliminarmente anche la natura della farcitura del tramezzino, cioè l’assetto ideologico o religioso che, anche se per lo più negato, informa comunque inconsciamente l’agire umano.Questa riflessione è nata dalla ricorrenza, il prossimo 24 maggio, del quarto anniversario della data della pubblicazione della seconda enciclica di Papa Francesco “ Laudato si’ ” resa nota, però, solo il successivo 18 giugno 2015. L’argomento principale dell’enciclica è il rispetto dell’ambiente e proprio per questo è intitolata “ Laudato si’ ”, frase ripetuta spesso da san Francesco nel Cantico delle creature, che loda il Signore per la bellezza del creato. In questa enciclica Papa Francesco riprende le parole dei suoi predecessori e fa suo il grido di allarme sullo sfruttamento inconsiderato delle risorse, sulla politica miope, che guarda al successo immediato senza prospettive a lungo termine, sull’egoismo delle società consumistiche, che stentano a cambiare i propri stili di vita. Ricorda con forza che la cura del creato è impegno di tutti, credenti e non credenti, e, affrontando temi concreti, lo fa servendosi delle più recenti acquisizioni scientifiche consolidate, ma non quelle emergenti, che già lasciano intravedere nuovi scenari anche in materia ambientale. Insomma, potremmo dire che papa Francesco, con una sua farcitura molto appetitosa, ha confezionato il tramezzino, del quale ho appena parlato, in modo che, forse per la prima volta nella storia della chiesa cattolica, le due diverse fette di pane del tramezzino vengono addentate con grande aspettativa da parte di chi si accinge a mangiarlo.Per tale motivo credo che l’enciclica di papa Francesco, a prescindere dalla confessione, andrebbe fatta conoscere e addirittura studiare nelle scuole per educare gli studenti ad apprezzare il nuovo gusto emergente da questo tramezzino, capace di stimolare la formazione di una coscienza critica nei giovani, che saranno i custodi del creato dopo la nostra generazione, che di guai ne ha fatti tanti, insieme ad altrettanti benefici.La nostra generazione, infatti, il tramezzino metaforico in questione forse l’ha potuto principalmente contemplare e, magari, in qualche circostanza, solo annusare. È tempo ora di mangiarlo e di cercare nel sapore, che si libera nella bocca dei fortunati, man mano che lo masticano, quelle relazioni esistenti tra i suoi componenti, relazioni che rendono i componenti stessi degni di essere parte consapevole dello stesso tramezzino.

Nelle foto: Il Delegato di Caserta dell’Accademia Italiana della Cucina prof. Antonio Malorni tra il Presidente dell’Accademia dott. Paolo Petroni e il Delegato di Avellino dott. Mario de Simone all’insediamento della Delegazione di Caserta del 31 maggio 2017 e il logo dell’Accademia Italiana della Cucina visibile sull’ingresso dei ristoranti e pizzerie presenti sulla “Guida alle Buone Tavole della tradizione”

 

 

 

 

 

 

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